L’unica cosa che di sicuro non si poteva chiedere a questo remake di La Casa firmato Fede Alvarez (ma prodotto da Raimi con la sua Ghost House) era di sfoggiare la stessa ingenuità e la stessa freschezza dell’originale: alla consapevolezza, una volta raggiunta, non si può rinunciare. Horror generazionale (e archetipico) per antonomasia, Evil Dead aveva dalla sua una certa sfrontatezza artigianale, all’alba di un decennio di cinema – gli anni ’80 – che attraverso l’horror avrebbe fatto deflagrare in un allegro carnaio la spinta rivoluzionaria di quello precedente. Niente di tutto ciò può ovviamente essere riprodotto nel 2013, con trent’anni in più di storia sulle spalle, e tanto meno attraverso un remake.
Fatta la premessa, bisogna riconoscere che da un’operazione come questa era quasi impossibile aspettarsi di più. Il film riorganizza l’esile trama del capostipite in una sinossi minima ma efficiente (i ragazzi si ritirano in una capanna in mezzo ai boschi per aiutare un’amica a disintossicarsi), lascia che il libro maledetto (che non si chiama più Necronomicon) salti fuori abbastanza in fretta, e poi permette al meccanismo delle possessioni demoniache di scatenarsi. La cosa buffa è che provando a osservare il tutto con gli occhi vergini di un ventenne, si capisce che il film verrà catalogato come l’ennesima storia di esorcismi. Quello che dunque soltanto può fare la differenza è la spregiudicatezza, un sadismo estremo, giocoso e cinefilo, lontano dal torture porn e appunto più legato al cinema eighties, o addirittura all’immaginario hentai (i tentacoli nel bosco, la ragazza legata). L’altro valore aggiunto è il ritorno al citato cinema d’artigianato, in un carnevale di arti posticci, secchiate di sangue finto (c’è pure un temporale, di sangue, se è per questo), protesi sventrate, lenti colorate e manichini ultraflessibili (tra cui quello palesemente, meravigliosamente fasullo della mattanza finale) da leccarsi i baffi.
Le citazioni e i legami con l’originale sono la ciliegina sulla torta: La Casa versione 2013 è un reboot, più che un remake, di quella del 1981 (da questo punto di vista meglio non dire di più), ma i key moments dell’originale fanno tutti capolino, dalla mano mozzata, al ruolo decisivo e definitivo della motosega, passando naturalmente per le soggettive nel bosco: il tutto inserito nella trama in modo armonico.
Certo, non aspettatevi un prodigio di sceneggiatura, o un approfondimento psicologico dei personaggi degno di questo nome: si va spediti nella direzione prefissata, senza giri di parole o rotture di scatole. Quindi i ragazzi sono un branco di deficienti che fanno di tutto per finire a spezzatino, negando l’evidenza di quel che sta accadendo fin quando possibile. Il risultato è che il film continua fin quando c’è carne disponibile: finisce quando non c’è più niente e nessuno da fare a pezzi.
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Mi piace
Horror artigianale, tutto arti posticci, sangue finto, lenti colorate e manichini sventrati. Che goduria
Non mi piace
Approfondimento psicologico zero, e praticamente nessuna divagazione una volta che inizia la mattanza: un po’ monocorde
Consigliato a chi
Ai nostalgici dell’horror anni ’80: questo è forse il massimo dell’omaggio cui si può aspirare
Voto: 4/5
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