La famiglia Bélier: la recensione di Marianna Trimarchi
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La famiglia Bélier: la recensione di Marianna Trimarchi

La famiglia Bélier: la recensione di Marianna Trimarchi

A 16 anni Paula non è soltanto la figlia adolescente dei Bélier, è la loro voce, un ponte di connessione con il mondo esterno: con il medico, con i fornitori da cui acquistano i concimi utili alla loro fattoria, con i clienti che si affollano davanti alla loro camionetta dei formaggi al mercato. I Bélier sono infatti sordi: madre, padre e figlio, ma non per questo mancano di tenacia. Con uno spirito contadino, che molte volte mostra una genuinità ruspante, si danno da fare tra mucche e campi da arare. Paula, in questo universo campestre, in sella alla sua bicicletta, conduce la vita di ogni adolescente, alla scoperta del proprio corpo e dell’amore, tra casa e scuola. E infatti, il corso di canto, tra le attività didattiche opzionali della sua scuola, diventa per lei il territorio di prova in cui i turbamenti della sua età vengono a galla: quasi si trattasse di un gioco ironico, Paula scopre inaspettatamente doti canore eccezionali che il suo professore di musica vorrebbe lei coltivasse, iscrivendola a un concorso a Parigi, presso Radio France. Ma il distacco dalla famiglia, specialmente considerato il suo peso determinante negli equilibri domestici, è un ostacolo insuperabile: per i Bélier, che non possono apprezzare la bravura della figlia, nè immaginare un futuro senza di lei, è tempo di confrontarsi con la vita, i suoi accadimenti e le sue lacerazioni.

Campione d’incassi in Francia, dove ha registrato l’eccezionale presenza di oltre 7 milioni di spettatori, e trascinante in qualsiasi parte del mondo sia fino a ora uscito, l’ultimo lavoro di Eric Lartigau mette a tema il percorso adolescenziale classico di scoperta di sè, crescita e separazione dalla famiglia in una veste insolita, ponendo l’accento sulla questione della diversità e dell’integrazione. Con un tono sui generis, che non disdegna di contaminarsi con i territori della slapstick comedy, pronto alla battuta che smorza le situazioni più drammatiche, sapendo rocambolescamente tramutarle in equivoco e risata, La famiglia Bélier ha il vantaggio di saper coinvolgere e al contempo divertire, facendo riflettere.

La stratificazione di temi e di situazioni – tra cui l’uccisione dei padri, che qui, tutto sommato, non viene perpetrata con quella veemenza metaforica che l’atto in sè richiederebbe, l’interrogativo su cosa sia la normalità, l’insofferenza politica nei confronti dell’avanzata dell’urbanizzazione, le antitesi città-provincia/individuo-famiglia – disegna però un percorso piuttosto frastagliato nella messa in scena e fa sentire il suo ingombro, a tratti, sulla sceneggiatura, in alcuni punti poco risolutiva. Tuttavia superano gli ostacoli di una narrazione che predilige la semplificazione di situazioni e caratteri, tratto d’altro canto giustificabile e congenito nella commedia come genere e come retorica, la bravura degli interpreti e il tappeto sonoro che fa da corredo alla storia, l’antologia dello chanteur parigino Michel Sardou.

François Damiens e Karin Viard tratteggiano con bravura teatrale i capostipiti della famiglia Bélier, dando spessore con la loro interpretazione basata sul linguaggio dei segni e sull’espressività del volto e del gesto (a cui sono stati davvero educati da un insegnante), a personaggi talvolta sfasati eppure iperrealisti. Ma è, su tutti, dell’esordiente Louane Emera, “pescata” dal regista dal programma The Voice, il merito della buona riuscita della pellicola: con un dono naturale, che si fa filo diretto tra epidermide e sentimento, Louane/Paula traduce attraverso la verità della sua voce, il corredo emotivo più genuino del film, riuscendo in questo modo a raffinare alcune generalità del plot e a regalare momenti di autentica commozione, non solo nel finale, che fanno dimenticare le grinze della sceneggiatura.

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Mi piace: la capacità di coinvolgimento nella vicenda familiare e personale della protagonista, l’emozione palpabile della performance canora

Non mi piace: l’eccessiva semplificazione di alcune soluzioni narrative e di alcuni caratteri

Consigliato a chi: vuole vedere una commedia che affronta il tema della famiglia da una prospettiva inedita, con un finale da lacrime

Voto: 3/5

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