La grande bellezza: la recensione di ale5b
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La grande bellezza: la recensione di ale5b

La grande bellezza: la recensione di ale5b

Pretenzioso e impudente, arriva finalmente nelle sale “La Grande Bellezza”, ultimo lavoro della coppia per eccellenza del cinema di qualità made in italy: Paolo Sorrentino e Toni Servillo. Fatica ambiziosa che mira a coniugare il mito felliniano a quello del miglior regista di interesse del momento. Difficile descrivere un’opera del genere, ma su una cosa si è concordi: di opera si deve proprio parlare.

“La Grande Bellezza” è un collage di fotogrammi che vanno a descrivere la faccia sociale della Roma attuale, tanto da renderlo difficoltoso persino denominarlo film. Sorrentino è un esteta dell’immagine, scenografo in prima linea che mescola le scene come le carte al fine di restituirne una precisa disposizione. Siamo nella capitale, ma è il punto d’osservazione che ci riserva, a defilarsi dai canoni classici. Roma è bella, ipnotica, frenetica. In un attimo siamo catapultati in una realtà doubleface, spettacolare si, ma altrettanto desolante. I salottini diventano i nostri compagni di viaggio. Dentro, la borghesia, regna sovrana in un puzzle superbo, avido, altezzoso, arrogante. Jep Gambardella è a sua volta immerso in questo mondo d’elite, protagonista al centro dei riflettori. Sta festeggiando i 65 anni, età per la quale non si può più guardare indietro, età per la quale il bilancio della vita genera minaccianti crisi interiori. E’ strano Jep Gambardella, collaboratore di una rivista femminile diventato precocemente famoso per un unico romanzo. Strano perchè ha un modo di fare intrigante. Parlantina pacata, accento napoletano, parole chiare, fluide, a tratti feroci. Lui che della mondaneità voleva essere il re, ne diventa invece vittima. E’ il simbolo di una scalata ai piani alti rimasta incompiuta. Lo ascoltano, lo ammirano, lo invidiano…ma si fermano poco prima di idolatrarlo, come se sapessero che la sua facciata di personaggio raffinato, in realtà nasconda un animo sensibile e umile. E’ un personaggio che funziona fin troppo bene.

Lo spaccato di Sorrentino è fatto di “pezzi” che vanno a comporre un mosaico ben preciso che mette in contrapposizione la bellezza estetica di Roma con il “marcio” sociale che la abita. La bellezza culturale lascia il palco alla cultura povera, animata da soubrette decadute, chirurghi estetici sottobanco e boriosità galoppante. Per tutte le due ore e passa del film, le scene che sembrano susseguirsi senza un delineato senso logico, hanno un identità ben definita. Il dito viene puntato contro l’ipocrisia e l’indifferenza, lo sfarzo mondano è l’emblema di una società che lentamente affonda. La grande bellezza è il contrasto ironico che Sorrentino ha voluto raccontare a suo modo, con giri di parole sofisticati e giochi di regia magistrali. Persino la colonna sonora è talmente delicata da sembrare “appoggiarsi” sulle scene. Toni Servillo è l’altro elemento senza quale il film non potrebbe reggersi in piedi, Roma l’elegante sfondo al limite di un contrappasso dantesco.

Difficile descrivere un’opera del genere. Per buona parte “La Grande Bellezza” è pura magia, una regia ammaliante che rapisce passo dopo passo mentre Jep ci accompagna nella profondità aristocratica. Ma è proprio quando Sorrentino sembra in pieno controllo che lo vediamo perdere un pò la strada maestra, impantanandosi in temi pretenziosi con piglio superficiale. Santità, religione, lo stesso Jep con la sua crisi interiore profonda, la sua personale ricerca della grande bellezza intesa come l’impossibilità di aver riempito la proprio esistenza.

Ma in fin dei conti lo sforzo di Sorrentino va riconosciuto ampiamente. “La Grande Bellezza” diventa cosi un ritratto cupo del nostro paese. Semplificando molto, non è altro che un sorriso amaro su una società che si lascia andare a discapito del senso morale. La scelta di vederlo attraverso gli occhi della gente “perbene” non fa che enfatizzarlo.

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