Per recensire “La La Land” non si può non partire dalla locandina. Emma Stone e Ryan Gosling ballano, un solo lampione li illumina davanti ad una Los Angeles notturna pronta a prendere vita, sotto un cielo dalle sfumature violacee. Musical concepito in un’epoca in cui il genere sembra ormai antiquato, il regista Damien Chazelle ne sfrutta le peculiarità per omaggiare il cinema classico americano e, allo stesso tempo, portare avanti una riflessione sul senso di una rivoluzione artistica nell’era postmoderna.
Ma torniamo al principio. “La La Land” racconta la storia di Mia e Sebastian, giovani sognatori che aspirano a vivere della loro arte. I due si incontrano e si innamorano. La trama è semplice e si svolge in maniera limpida e lineare, ma il genere dà a Chazelle una totale libertà artistica. Così il risultato è un musical espressionista, che sfrutta le luci e i colori in modo pittoresco e rende contestualizzabile le scene magnifiche in cui i protagonisti si innalzano, letteralmente, nel tentativo di coronare i loro sogni e, non ultimo, il loro amore.
“La La Land” non è solo un omaggio al cinema che fu, quello degli Humphrey Bogart e delle gioventù bruciate, ma anche ai sognatori, a chi crede e continua a credere. In questa irreale e romantica rappresentazione di Los Angeles se ne riflette un’altra, consapevolmente edulcorata: il sogno di vivere per i propri sogni. Prima ancora che all’arte, “La La Land” è un omaggio all’amore per l’arte.
Il film è calibrato alla perfezione, romantico senza cadere nello stucchevole. Inoltre, essendo un musical, non si può non dare peso alle musiche e alle coreografie, che sono eccezionali. Tutti i brani hanno radici salde nel jazz, genere musicale che attraversa tutta l’opera dell’autore di “Whiplash”, riecheggiando allo stesso tempo classici che hanno fatto la storia del genere. Inoltre, Chazelle appare particolarmente ispirato: la sua regia disegna geometrie perfettamente in armonia con le sequenze più sfrenate e, come già detto, tutte le sue scelte hanno valenze espressive.
La Los Angeles che Chazelle dipinge in “La La Land” è permeata costantemente da un’atmosfera onirica, la cui ricostruzione storica contemporanea non le impedisce di vivere comunque in un mondo atemporale, irrazionale. Il sogno sembra infrangersi quando i protagonisti, ammiratori di un passato glorioso che possono solo idealizzare, comprendono di cosa viva realmente l’arte: rivoluzioni. È significativo come sia proprio un musical, genere simbolo di un cinema che non può tornare in auge, a riflettere sulla necessità di guardare avanti, artisticamente parlando, senza dimenticare il passato, proprio nell’era postmoderna, dove ormai tutto è già stato rovesciato più volte.
“La La Land” è un capolavoro, simbolo del periodo artistico che stiamo vivendo: nei confini poco definibili del postmoderno, l’unico moto rivoluzionario potrebbe non essere altro che un involontario, ma dichiarato, ritorno al passato.