Durante l’epoca del proibizionismo in America, traumatizzato dagli orrori della guerra il veterano Joe Coughlin (Ben Affleck) torna a casa dove si dedica a piccole rapine, nonostante sia il figlio del capo della polizia locale (Brendan Gleeson). Mentre infuria lo scontro tra mafia irlandese e italiana, è molto attento a non farsi coinvolgere negli affari dell’una e dell’altra, ma commette due clamorosi errori: durante un inseguimento provoca la morte di alcuni poliziotti e si innamora della pupa del boss irlandese (Sienna Miller), che quasi lo fa ammazzare di botte e fa sparire anche lei dalla circolazione. Riesce a salvarsi e grazie al padre se la cava con soli tre anni in prigione. Bramoso di vendetta, si arruola tra i gangster italiani e finisce a gestire il traffico di rum cubano in Florida, dove intreccia il suo destino con quello della bella Graciela (Zoe Saldana), del poliziotto locale (Chris Cooper) e della di lui figlia (Elle Fanning).
Alla sua quarta regia e dopo l’Oscar conquistato grazie ad Argo, Affleck torna al suo primo amore, lo scrittore Dennis Lehane, penna del romanzo alla base di questo noir e già autore di quello che aveva ispirato il suo esordio alla regia, Gone Baby Gone. Ritorna dunque alla sua Boston, immergendola in un’atmosfera cupa e decadente molto hard boiled, per poi spostarsi in una Florida ammantata dai toni color seppia, scelte stilistiche che la dicono già lunga sull’eleganza formale ed estetica richiesta dal regista/attore per il suo ultimo film.
Ci sono grandi ambizioni alla base di La legge della notte, lo sguardo puntato sui grandi maestri che hanno codificato il genere, da Coppola a Scorsese fino a Michael Mann, ma era proprio nella dimensione più “piccola” dei precedenti tre film che era riuscito a offrire un tocco più personale e ricco di sfumature. Qua, nelle vesti di regista, sceneggiatore e protagonista, ha profuso tutto se stesso, circondandosi di un cast di prim’ordine (compreso il nostro Remo Girone), facendosi persino affiancare dal direttore della fotografia di Scorsese (Robert Richardson), ma il confronto con i modelli ovviamente lo penalizza. Specie nella prima parte, quella più gangster movie, la sensazione del “già visto” è piuttosto marcata, mentre nella seconda, in cui abbraccia totalmente le regole del Live by Night per riconquistarsi una vita libera di giorno – affrontando i suoi capi, il Ku Klux Klan e una predicatrice infervorata – si fa più originale in vari momenti.
Il conflitto interiore di un padrino a cui manca la spietatezza dovuta, incapace di premere il grilletto a sangue freddo specie contro gli innocenti, necessitava di un attore dalle capacità espressive più ampie di quelle di Ben, che aveva già il suo bel da fare dietro le quinte. E tuttavia, nonostante non offra guizzi memorabili, è un crime movie godibile e accurato, da cui traspare la grande passione di Affleck nei confronti del genere, di cui rispetta i codici, inettandovi nelle giuste proporzioni dosi di dramma sentimentale e ritratto storico/politico dell’epoca.
Mi piace: l’eleganza stilistica di un noir molto ambizioso e il cast di prim’ordine
Non mi piace: la sensazione di “già visto” di un genere fin troppo codificato
Consigliato a chi: ama il gangster movie classico
Voto: 3/5
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