La parte degli angeli: la recensione di Silvia Urban
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La parte degli angeli: la recensione di Silvia Urban

La parte degli angeli: la recensione di Silvia Urban

Robbie, due grandi occhi azzurri ma una profonda cicatrice che gli segna il volto e ogni giorno gli ricorda chi è, e chi non potrà mai essere. Un passato dietro le sbarre, un futuro violento e senza speranza da cui non può sfuggire (siamo a Glasgow), un presente scandito dalle 300 ore di lavoro socialmente utile che è costretto a scontare e dalla nascita di un figlio, frutto dell’amore per Leonie. Unico raggio di sole in una vita indelebilmente macchiata come la sua fedina penale.

A due anni da L’altra verità, dramma sulla guerra in Iraq, Ken Loach abbandona la riflessione bellica e torna al cinema con una commedia sociale decisamente graziosa, presentata in Concorso all’ultimo Festival di Cannes, dove si è aggiudicata il Gran Premio della Giuria.
Siamo dalle parti de Il mio amico Eric, di quel cinema “proletario” costantemente alla ricerca di una seconda possibilità. Come quella che viene concessa a Robbie quando conosce Harry, un assistente sociale che si fa suo mentore e, quasi involontariamente, gli fornisce una via di fuga dal suo misero destino. Grazie alla sua amicizia e a un fiuto innato, il ragazzo viene introdotto nel ricco e profumato universo delle distillerie di whisky. Ed è proprio in una di queste che Robbie – in compagnia di Rhino, Albert e Mo, tre amici della comunità di servizio – plasma la propria fortuna.

La speranza – di trovare un senso alla propria esistenza, sfuggendo al vortice della delinquenza – c’è. Ma a condizione che si impari a controllare l’istinto e a usare la ragione. Che tradotto significa: non rassegnarsi al fatalismo ma scegliere di mettersi alla guida della propria vita.
Un messaggio rafforzato da una sceneggiatura brillante (firmata dal solito Paul Laverty) che non risparmia momenti di tensione e violenza ma che concede anche molte risate e scene di pura comicità –  di cui i principali artefici sono l’”ingenuo” Albert e uno slang ruvido e marcato, che spesso sconfina nel volgare –. E che con molta coesione alterna i due registri, portando in luce sentimenti ed emozioni sconosciuti allo stesso Robbie. Perché il Bene c’è in ogni uomo, anche in chi ha scatenato ingiustamente la sua furia contro un coetaneo, rovinandogli la vita. Basta solo trovare lo spiraglio giusto per accedervi, un bravo “maestro di vita” e imparare a «enjoy responsibly», come recita lo slogan del film.

Una pellicola che passerà da molti cineforum e che potrebbe rivelarsi un valido e divertente strumento educativo nelle attività con gli adolescenti.

Leggi la trama e guarda il trailer del film

Mi piace
La sceneggiatura brillante e il messaggio di speranza.

Non mi piace
Alcuni passaggi risultano un po’ frettolosi (vedi il veloce percorso di Robbie nel diventare un esperto di whisky); qualcuno potrebbe trovarlo un film troppo facile

Consigliato a chi
Ha amato Il mio amico Eric e ritiene che Ken Loach sia un vero maestro della commedia umana, come questa.

Voto
4/5

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