La pazza gioia: la recensione di AleRises
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La pazza gioia: la recensione di AleRises

La pazza gioia: la recensione di AleRises

C’è un elemento che emerge su tutto in La Pazza Gioia, ed è l’armonia. Può sembrare insolito come una storia su due donne mentalmente instabili, con un passato travagliato, possa trasmettere pacatezza.

Beatrice e Donatella sono due donne diversissime, la prima esuberante, fascinosa sedicente contessa con amicizie che contano, la seconda inerme e disorientata.
Entrambe sono “ospiti” di Villa Biondi, una comunità terapeutica per persone affette da problemi psichiatrici, e sia Beatrice che Donatella portano in dote situazioni giudiziarie complicate.
Una mattina, al rientro da una giornata di lavoro in una serra, comincia il viaggio verso quella “pazza gioia” tutta da vivere. Prende il via su iniziativa di Beatrice, quella delle due più capace, a suo modo, di affrontare il mondo che le circonda, Donatella invece non ha gli strumenti, è ferita, spezzata dentro e fuori, si esprime a mala pena e quando lo fa comunica solo la sua precarietà.

È una fuga di incontri, di situazioni imprevedibili e spassose, ma soprattutto è un cammino di reciproca conoscenza, tormentato e divertente, che si caratterizza di piccoli momenti, quei fuggenti attimi di felicità che ci rendono vivi.
Paolo Virzi disegna e ci presenta due donne vere e intriganti nei loro eccessi, non ha la volontà di farcele piacere perché c’è onesta nelle loro rappresentazioni, è ben visibile la loro pericolosità così come è chiaro il loro bisogno di amore che emerge in questa parentesi accelerata, senza misure, affannosa e coinvolgente.
L’avventura on the road non lascia dietro i pesi ma porta con sé la complessità dei loro vissuti, esistenze grandi come le dimore delle loro famiglie in cui spiccano madri egoiste e la mancanza di comprensione, e di un affetto che Donatella e Beatrice cominceranno a donarsi piano piano, in una complicità sussurrata, candida e mai sbandierata.
Spazi, distanze, vuoti da riempire sono fattori che emergono mentre queste due donne difettose si relazionano con l’ordinario, con il mondo dei “normali”.
Solo che non si può scappare all’infinito perché tanto il male non svanisce, allora la fragile e ingenua Donatella va incontro al proprio conflitto, prima però ha bisogno di quella piccola visione che per troppo poco tempo l’ha resa una persona piena, prima che la vita e gli uomini spegnessero il suo candore.
Il tuffo nell’acqua sogno di un abbraccio senza fine diviene il punto di partenza per una presa di coscienza di sé che avviene emotivamente.
Virzì dona bellezza ad esistenze incomplete con una fotografia graziosa, straziante, figlia di un’intimità pura, narrata con gli occhi, con i meravigliosi e profondi silenzi di Donatella che costruiscono una poesia malinconica di un universo femminile dipendente da maschi gretti, vigliacchi, dominanti o semplicemente inadeguati nel comprenderle a pieno.

Resta da vedere se in tali commedie (vedi Perfetti Sconosciuti), l’aspetto drammatico proverà a mostrarsi come chiusura del cerchio, lasciando entrare con vigore la devastazione, anziché scegliere finale sospesi per quanto riusciti.

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