The Ward: la recensione di Adriano Aiello
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The Ward: la recensione di Adriano Aiello

The Ward: la recensione di Adriano Aiello

The Ward, di John Carpenter è il film più autoreferenziale dell’anno e sbarca nelle sale italiane per qualche congiuntura astrale insondabile. Non è un giudizio di merito, ma un mero fatto, che mette anche un po’ a disagio, vista la grandezza insindacabile del regista di La Cosa, Halloween e 1997 fuga da New York, qui costretto a girare un piccolo film che mette quasi tenerezza per risultati (altalenanti) e tentativi di riprendere un discorso autoriale di cui si erano perse le tracce. Il cinema dei grandi mezzi ha definitivamente tagliato fuori Carpenter, o viceversa? Prendete l’horror medio che imperversa da almeno un paio di lustri e confrontatelo con quest’ultima opera di Carpenter (che ad eccezione di due episodi della serie Masters of Horror non faceva un film dai tempi di Fantasmi su marte) e avrete un’immagine di questo contrasto, che nel bene o nel male, finisce per influenzare la visione. The Ward sbriga rapidamente le pratiche dell’antefatto con un incipit in esterno, dove la bella Kristen (la biondissima Amber Heard) rimuove il luogo del suo passato problematico dando fuoco alla casa dove ha vissuto. Rapidamente si ritrova in un sinistro manicomio infestato da presenze demoniache e una serie di ragazze che spariranno una ad una, nonostante i continui tentativi di fuga, capeggiati da Kristen. Film saturo di richiami ad opere analoghe, fatto di svelamenti e sviamenti prevedibili, ma costruito con mestiere sulle atmosfere dell’horror psicologico e su una messa in scena elegantemente classica, che dovremmo salutare con entusiasmo nostalgico, ma che finisce per diventare una gabbia in cui il film si specchia senza vie d’uscita. Per la protagonista, come per lo spettatore.

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Mi piace
Il ritorno di una grammatica horror raffinata e pensata, priva di effettacci ridondanti e del ricorso allo stordimento sistematico dello spettatore.

Non mi piace
Che la soluzione all’enigma sia banale e prevedibile, privando di forza il twist conclusivo. Si assiste al film con un sentimento mutevole: dall’entusiasmo di rivedere un film di Carpenter all’idea che se non fosse un suo film saremmo delusi.

Consigliato a chi
A chi è cresciuto con il cinema di Carpenter e a chi oggi voglia reimmergersi in atmosfere un po’ inusuali.

Voto: 3/5

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