Barbara (Susanna Nicchiarelli) e Caterina (Margherita Buy) sono due sorelle che hanno visto scomparire misteriosamente il loro padre nel 1981, in seguito al brutale assassinio, da parte delle BR, del professor Mario Tessandori.
Tornata nella casa al mare in cui è cresciuta, Caterina è protagonista di un episodio soprannaturale che le sconvolgerà la vita: la donna infatti, quasi per gioco, con un vecchio telefono compone il numero della casa in cui abitava trent’anni prima e con sorpresa scopre che qualcuno all’altro capo del filo risponde: è lei stessa da bambina. Superata l’incredulità iniziale, decide di sfruttare l’occasione per scoprire cosa successe al padre.
Ne La scoperta dell’alba, Susanna Nicchiarelli riesce a fondere in maniera piuttosto omogenea tematiche e generi che a prima vista potrebbero sembrare incompatibili: la fantascienza degli sbalzi temporali, il dramma familiare e il racconto di un momento estremamente “buio” e drammatico della storia del nostro Paese. Tutto bilanciato grazie a una regia che sa dosare sia l’aspetto drammatico che quello più “leggero”, necessario in una pellicola che si avventura nella giungla narrativa dei viaggi nel passato. Anche se il film (come il romanzo d’origine) ripercorre tematiche già sfruttate soprattutto nei film made in Usa – uno su tutti, Frequency – la storia ha una sua identità originale. La cura dei dettagli scenografici (il vecchio telefono grigio, le televisioni a tubo catodico con lo schermo bombato, gli abiti, i maglioni a righe, gli arredi…), la fotografia dai toni “vintage”, la colonna sonora d’epoca; tutto riporta alla memoria le sensazioni provate durante gli anni di piombo, vissuti in modo drammatico nella prospettiva degli adulti, ma anche con l’inevitabile spensieratezza dell’infanzia.
Alla fine la costruzione parallela di due realtà è comunque il pretesto per raccontare l’autoanalisi di una donna che riscopre se stessa, il suo passato e il rapporto con il padre. Un viaggio metafisico sostenuto da un cast all’altezza: la sempre brava Margherita Buy, che interpreta una donna sicura di sé e determinata a scoprire la verità, lontana dai panni nevrotici e insicuri che spesso veste; Sergio Rubini, che riesce a duettare al meglio con la sua partner dosando ironia e pathos; e la stessa regista nel ruolo di Barbara, perfetto collante fra protagonisti e situazioni, surreali o meno.
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Mi piace
Il coraggio della regista nell’aver deciso di usare la fantascienza per raccontare una “storia italiana”.
Non mi piace
L’eccessiva lentezza della prima parte del film: un tema del genere forse poteva giocarsi qualche colpo di scena in più.
Consigliato a chi
A chi crede che in Italia ci siano registi di talento disposti a rischiare su storie non convenzionali.
Voto: 3/5
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