Colori. Musiche. Danze. Profumi. Sensazioni. La sorgente dell’amore, il nuovo film di Radu Mihaileanu, è questo, almeno in apparenza. Perché dietro a una favola che evoca atmosfere alla Mille e una notte (libro citato nel film) si cela una storia realmente accaduta che, ampliando un po’ gli orizzonti, è la storia di molte donne musulmane. Forse, di molte donne in generale.
Al centro della vicenda, ambientata da qualche parte tra il Nord Africa e il Medio Oriente (dire «In un luogo molto lontano» sarebbe stato inappropriato; è una fiaba, ma fino a un certo punto), un gruppo di donne che, stanche di dover andare a prendere l’acqua in cima a una montagna, mettendo a rischio la propria vita e quella dei bambini che spesso portano in grembo, indicono uno sciopero del sesso finché non saranno i loro uomini ad assolvere questo compito. Una scelta importante che scatena una vera e propria guerra dei sessi, dove non tutti gli uomini e le donne, però, stanno dalla stessa parte. In quell’acqua, del resto, sono racchiuse le tradizioni, le credenze e le usanze di un’intera cultura. Oltre che gli istinti umani, gli affetti personali (come l’amore di Sami per la propria moglie Leila, promotrice della ribellione) e le passioni (in senso lato) represse (vedi la gelosia di Fatima nei confronti della nuora – sempre Leila – rea di averle “rubato” gli uomini della sua vita). Non vi diremo se c’è o meno lieto fine per non rovinarvi la visione di una storia che regala più di un colpo di scena e qualche emozione, specie al pubblico femminile.
Non un film dichiaratamente politico, ma i temi forti del mondo arabo ci sono tutti: la lotta per i propri diritti, l’accesso alla scuola, l’integralismo di una religione troppo spesso basata sulla libera interpretazione e non sulle Scritture che sfocia nel fondamentalismo islamico, l’ansia dell’emancipazione femminile, il dominio dell’universo maschile – nonostante gli uomini vengano rappresentati come dei fannulloni che trascorrono le loro giornate al bar a bere tè o a cercare di comprarsi la promozione a Imam –.
L’intento di Mihaileanu è chiaro, anche se l’impressione è che non abbia voluto rischiare troppo. Il regista soffoca la denuncia sotto la metafora della favola e chiude il film – che dall’inizio alla fine guarda con gli occhi delle donne – su un verso (tratto da uno dei molti canti che fanno da colonna sonora al film) ambiguamente maschilista: «La sorgente delle donne sono gli uomini». Ci si poteva fermare prima: «La sorgente delle donne è l’amore».
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Mi piace
L’impianto visivo del film; i colori, i profumi, le sensazioni che evoca. E la descrizione della cultura islamica, con le sue tradizioni e contraddizioni.
Non mi piace
Il mancato coraggio da parte di Mihaileanu di sostenere fino in fondo il suo Messaggio. E la “furbizia” con cui induce (e conduce) il coinvolgimento emotivo dello spettatore.
Consigliato a chi
Alle donne. E a chi vuole immergersi nella cultura araba, attraverso un film che alterna momenti di tensione e riflessione a danze, canti e risate.
Voto
3/5