La teoria del tutto: la recensione di Highlander86
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La teoria del tutto: la recensione di Highlander86

La teoria del tutto: la recensione di Highlander86

“Per quanto possa essere dura la vita… Finché c’è vita, c’è speranza”

1963, il giovane Stephen Hawking (Freddie Redmayne) è un cosmologo dell’Università di Cambridge che sta cercando di trovare un’equazione unificatrice per spiegare la nascita dell’universo e come esso sarebbe stato all’alba dei tempi. Ad una festa universitaria conosce la studentessa di lettere Jane Wilde (Felicity Jones): entrambi sono attratti l’uno dall’altro, e ben presto Stephen invita Jane al ballo di primavera dove i due si scambiano il loro primo bacio sotto le stelle. La loro storia d’amore viene ostacolata però dalla comparsa della malattia degenerativa di Stephen, l’atrofia muscolare progressiva. Anche gli studi di Hawking vengono compromessi a causa delle difficoltà quotidiane a cui è sottoposto; camminare, scrivere e infine parlare diventano ostacoli per il giovane cosmologo. Un iniziale rifiuto della malattia viene in seguito superato dalla determinazione di Jane di rimanere al fianco di Stephen, amandolo e facendosi carico della sua salute.

Stephen Hawking è stato sicuramente uno dei più grandi luminari della storia umana, capace di conseguire risultati sensazionali conducendo una vita piena di difficoltà e sofferenze legate alla sua menomazione ma anche di momenti felici e carichi di tenerezza con i propri famigliari e amici fino ai semplici ammiratori, cosa che gli ha permesso di superare le avversità incontrate lungo il cammino. Si tratta di un genere di personaggio più volte ritratto nei film, basti pensare allo scrittore Christy Brown, interpretato da Daniel Day-Lewis ne “Il mio piede sinistro” di Jim Sheridan, all’attivista Ron Kovic, interpretato da Tom Cruise ne “Nato il 4 luglio” di Oliver Stone e ad altri personaggi come l’autistico Ray, interpretato da Dustin Hoffman in “Rayman”, il deforme John Merrick, interpretato da John Hurt ne “The elephant man” di David Lynch e il cieco Ray Charles, impersonato da Jamie Foxx in “Ray” di Taylor Hackford; tutte persone con un percorso di vita più o meno lungo e con più o meno momenti felici di Hawking ma accumunate da un percorso di vita teso alla ricerca di un senso per una esistenza resa difficile da malattie e deformazioni, un percorso che, indipendentemente dal risultato finale, finisce col lasciare un segno impossibile da dimenticare. Per quanto riguarda questa storia di una vita eccezionale il regista James Marsh ha scelto di seguire una narrazione di tipo convenzionale in cui si fa leva principalmente sui sentimenti che legano i personaggi tra di loro e che finiscono col coinvolgere anche gli spettatori i quali si sentono emotivamente trasportati dalle vicissitudini mostrate nella pellicola, in ciò ha svolto un ruolo fondamentale la recitazione degli interpreti, in particolare di Freddie Redmayne, il quale ha saputo dare consistenza fisica al suo personaggio senza trascurarne la personalità carica di curiosità, umorismo e affetto al punto da meritarsi un Oscar come migliore attore protagonista. Un altro ruolo importante è quello della compagna di Hawking, Jane (il film è basato sul libro scritto da lei in cui è rievocato il loro rapporto), una donna forte e determinata malgrado l’aspetto minuto, talmente legata al suo amore al punto da trasformarsi in moglie e infermiera allo stesso tempo quando la malattia del marito comincia a condizionarne la vita al punto che non riesce più neanche a parlare e non riesce a muoversi senza la sedia a rotelle. E’ proprio l’alchimia fra i due protagonisti la colonna portante del film, il loro amore è qualcosa che sembra trascendere il vivere quotidiano e le stesse convinzioni personali dei due, lei convinta nell’esistenza di Dio, lui sempre più convinto che Dio non c’entri nulla con la creazione dell’universo; è proprio questo che rende il loro rapporto qualcosa di raramente esplorato nel mondo del cinema. Per il resto si tratta di un tipico biopic in cui si racconta la vita privata di una celebrità senza dimenticare il suo lavoro con i suoi risultati finali.

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