L'abbiamo fatta grossa: la recensione di Luca Ceccotti
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L’abbiamo fatta grossa: la recensione di Luca Ceccotti

L’abbiamo fatta grossa: la recensione di Luca Ceccotti

Sin dai tempi di Bianco, Rosso e Verdone, passando per Viaggi di nozze e fino a Gallo Cedrone, Carlo Verdone ha sempre cercato di raccontare con comicità e leggerezza le innumerevoli sfaccettature sociali e di costume del nostro paese, quasi in chiave favolistica. Questo perché rendere un film comico troppo ostico a causa di una critica sociale esasperata non è mai rientrato nel suo stile. Certo, con Posti in piedi in paradiso e Sotto una buona stella ha cercato di parlare in modo un po’ più complesso, ma sempre con tono ironico, del dramma dei padri soli o delle difficili situazioni sentimentali dei nostri giorni, ma succedeva anche con l’apprezzatissimo Ma che colpa abbiamo noi? del 2003. Sono sprazzi della sua filmografia che cercano una tema da esplorare attraverso determinati canoni cinematografici da sempre presenti in Verdone. Il comico romano ha deciso di recuperare una vena un po’ fiabesca da tempo messa da parte in L’Abbiamo fatta grossa, ultima fatica del regista che questa volta si lascia affiancare con affetto e con comico effetto da Antonio Albanese, per una divertente favola noir riuscita  soprattutto grazie all’affinità della coppia, che richiama l’alchimia Lemmon-Matthau.

La pellicola vede protagonisti il detective sfigato e squattrinato Arturo Merlino e l’attore di teatro Yuri Pelegatti. Entrambi potrebbero essere definiti prototipi di falliti: il primo vive ancora con la simpatica zia, lavorando in giro per la capitale – con travestimenti assurdi – anche solo per riacciuffare un gatto scappato di casa, mentre il secondo è in balia dell’ansia causata dal divorzio in corso, tanto da non riuscire a dire neanche una battuta sul palco. Sono sostanzialmente soli e quasi al verde, ma Yuri vuole scoprire se l’ex-moglie ha un’altra relazione, quindi decide di contattare un modesto detective per avere le prove del “tradimento”, e così si rivolge ad Arturo. Da lì, una serie di equivoci e situazioni irriverenti porteranno i due a conoscersi e a collaborare per uscire da una situazione pericolosa e più grande di loro.

Verdone e Albanese creano una coppia affiatata, con scambi di battute riusciti, in cui ciascuno si adatta ai tempi comici dell’altro. Si sostengono, vanno avanti fino alla fine senza scavalcarsi, con ritmo comico e tante (forse troppe) parolacce. Ma lo stesso regista lo ha ammesso: «Non erano scritte. Attaccavamo a girare e mi venivo di getto. Ma funzionavano!». È vero, funzionano, la loro non è la volgarità spicciola e gratuita delle farsacce commerciali, ma di un film leggerissimo e senza pretese, come ricercato da Verdone, che nella parte finale si fa critica di costume, richiamando alla mente Eduardo De Filippo e la sua “pernacchia”.

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Mi piace: l’alchimia tra Verdone e Albanese.

Non mi piace: la critica di costume non del tutto riuscita.

Consigliato a chi: ai fan dei due mattatori e a chi è in cerca di una commedia che faccia anche riflettere.

VOTO: 3/5

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