Cristina Comencini mette in scena, in un tripudio di grazia ben confezionata, le luci e le ombre di un uomo da cui, anche a 10 anni dalla morte, mogli e figlie non riescono a emanciparsi emotivamente.
Francesco Scianna è Saverio, un grande attore dell’epoca d’oro del cinema italiano, “un genio” artistico e soprattutto un amante della vita e delle belle donne, tanto che ha avuto cinque figlie da cinque diverse compagne (due le ha anche sposate) sparse in diverse parti del mondo. Fragili, depresse, sole, la felicità delle sue eredi passerà per la decostruzione del mito.
Film corale – che non perde di freschezza nonostante una scrittura fitta dei dialoghi – può contare sulle eccellenti interpretazioni delle sue protagoniste (prima fra tutti Valeria Bruni Tedeschi – la figlia francese, naturalmente nevrotica –, e poi le mogli Virna Lisi – che nella sua scena madre strappa un sorriso colmo di malinconia – e Marisa Paredes) ma deve la propria forza al modo in cui trasforma la figura del divo/casanova in prisma di un’epoca. La messa in scena si gioca sull’idea del doppio registro letterale e simbolico, il protagonista è il Padre e anche il Grande Cinema Perduto (facile intravedere spunti autobiografici se il cognome della regista è Comencini), tanto che il messaggio finale ricade non solo sulle famiglie allargate delle battaglie progressiste, ma ancora di più su un’industria e un immaginario che oggi si riconoscono sterili, impantanati in una dimensione di perenne confronto con la grandezza che fu.
La Comencini sembra dire: Scianna era un uomo con molti segreti, così come il Cinema era zeppo di fuori scena. Che sia giunto il momento di raccontarli?
Leggi la trama e guarda il trailer.
Mi piace: la prova di tutti gli attori
Non mi piace: alcune sottotrame non necessarie al fine del racconto
Consigliato a chi: ha nostaglia del cinema degli anni ’50 e ’60, e vuole veder svelati alcuni fuoriscena
Voto: 3/5
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