Le belve: la recensione di Silvia Urban
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Le belve: la recensione di Silvia Urban

Le belve: la recensione di Silvia Urban

Due giovani (Ben e Chon) che amano il rischio e di mestiere hanno scelto di fare i coltivatori di marijuana. Una donna (O, abbreviazione di Ophelia) al centro della vita di entrambi: sì, il loro è un erotico ménage à trois. Un agente della DEA corrotto (John Travolta) ed Elena (Salma Hayek), il boss di un potente cartello di narcotrafficanti messicani che per costringere Ben e Chon a mettersi al suo servizio mette sulle loro tracce il terribile scagnozzo Lodo (che ha il volto di Benicio Del Toro: una performance, la sua, che da sola vale il prezzo del biglietto). Obiettivo: rapire O e costringerli a negoziare.

Ecco gli ingredienti dell’ultimo film di Oliver Stone, crime movie a tinte hard boiled con qualche pennellata di umorismo nero. Storia non particolarmente originale, mutuata dall’omonimo bestseller di Don Winslow, ma in parte stravolta sullo schermo per garantire il giusto tasso di adrenalina. E, in effetti, il merito di Le belve è proprio quello di offrire uno spettacolo che per due ore tiene lo spettatore col fiato sospeso. Il gioco funziona: il triangolo amoroso intriga grazie alla costruzione dei personaggi, soprattutto delle psicologie antitetiche dei due protagonisti maschili (Ben/Aaron Johnson, amichevole e pacifista, e Chon/Taylor Kitsch, ex marine testa calda); la brutalità di Lodo e delle torture che impartisce alle sue vittime colpisce duro; le negoziazioni e la posta in gioco sempre più alta tengono vivo il coinvolgimento e la partecipazione emotiva; il tono volutamente sopra le righe incuriosisce. Un’atmosfera thriller ben orchestrata al punto quasi da rapire lo spettatore, se non fosse per delle sbavature che annientano il pathos e disorientano, tanto da non capire dove il film voglia andare a parare. A far vacillare sono soprattutto la voce fuori campo (il racconto è affidato a O/Blake Lively) e alcune sequenze troppo ricercate esteticamente, che smorzano il crudo realismo in una dimensione onirica e fiabesca. Così come fuori luogo risulta (SPOILER) il lieto fine appiccicaticcio che si discosta completamente dalle pagine del libro di Winslow (FINE SPOILER).

Spesso censore della politica Usa, il regista anche in questo caso irrora la pellicola con un forte messaggio di denuncia (la guerra al narcotraffico che dura da anni e non funziona, la piaga della corruzione): nella lotta tra Bene e Male tutti in realtà sono sedotti dal secondo, tutti sono belve. L’Oliver Stone di qualche anno fa, quello di Assassini nati, si sarebbe fermato a questa tesi, e avrebbe scelto una chiusa diversa per il suo film. Quello di oggi pare abbia perso mordente: lancia il sasso e nasconde la mano.

Leggi la trama e guarda il trailer del film

Mi piace
Sopra ogni cosa, la performance di Benicio Del Toro

Non mi piace
Il finale sottrae senso a tutta l’operazione

Consigliato a chi
A chi ama Oliver Stone e non ha paura di trovarlo meno pungente del solito

Voto
3/5

 

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