Le idi di marzo: la recensione di Luca Ferrari
telegram

Le idi di marzo: la recensione di Luca Ferrari

Le idi di marzo: la recensione di Luca Ferrari

Le Idi di Marzo (2011) – politica non è lealtà

Viaggio nei meandri di uno dei mestieri più controversi, dove la menzogna e il compromesso sono la sola misera merce di scambio per la propria sopravvivenza, e candidatura. George Clooney, alla sua quarta prova dietro la macchina da presa, dirige un’orchestra corale di magnifici primi violini (Ryan Gosling, Paul Giamatti, Philip Seymour Hoffman, Marisa Tomei, Evan Rachel Wood, Jeffrey Wright) che rispondono al richiamo di una regia di spessore, nel teatro delle marionette delle primarie del Partito Democratico.

George Clooney sviscera tutto il suo interesse per la dimensione politica tratteggiando i tanti aspetti di una stessa e ambigua figura in più volti e azioni. Criticandola senza esclusione di colpi, ma senza rinunciare a crederci. C’è il rampante portavoce del senatore Mike Morris (Clooney), Stephen Myers (Ryan Gosling), secondo del navigato Paul Zara (Philip Seymour Hoffman), uomo dalla indubbia lealtà, mai opportunista nell’abbandonare la nave quando si scatena la tempesta, e per questo l’uomo più sacrificabile della squadra nel momento del bisogno (gioco sporco). Dirimpettaio, il portavoce del candidato avversario di Morris, Tom Duffy (Paul Giamatti), un piccolo Napoleone della comunicazione politica, capace di prevedere le mosse dei propri nemici dopo una semplice telefonata, alternando occhioni da cucciolo ingenuo a canini con brandelli di carne che ancora pendono dalla sua lingua. Sibillina la frase che rivolge a Stephen, “ho capito cosa avresti fatto fin da quando ti sei seduto al bar davanti a me”. Spazio anche alla stampa. Ida Horowicz (Marisa Tomei), amica finché gli passi le dritte, e pronta a vendere chiunque nel peggiore dei modi pur di realizzare lo scoop. C’è poi chi non aspetta altro che la miglior offerta, come il senatore Thompson (Jeffrey Wright), deciso a sposare la causa di questo o l’altro candidato in base al prestigio della poltrona che gli verrà garantita. In mezzo al cannibalismo di questo bipede museo degli orrori, c’è anche il giovane volto di Molly Stearns (Evan Rachel Wood), triturata insieme ai suoi inesperti vent’anni da tutti quei mastini che non si fanno problemi a dirti di essere diventati cinici e indifferenti per fare questo mestiere. Il suo tragico destino deciderà la sorte di molti dei protagonisti, senatore Morris incluso. E lui, l’uomo della copertina, è perfetto nella sua battaglia d’etica e valori. Pronto a conquistare le platee di tutta la nazione promettendo lotta ai ricchi che frenano la leadership mondiale statunitense. Alternando progressismo e fiero patriottismo, ma senza scadere nella logica di facili guerre. Un uomo “integerrimo” che pur di proteggere il proprio sporco segreto è disposto lui stesso a scendere a quelle viscide strette di mano a cui giurava non si sarebbe mai piegato.

George Clooney è un uomo di attualità. Impegnato in prima linea per i diritti umani ma senza mai commettere l’errore di credersi un politico. Non è quello il suo mestiere. Nella narrazione del film “Le Idi di Marzo”, pellicola che ha aperto la 68° Mostra internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (31 agosto – 10 settembre 2011), è quasi impossibile non vedere ben più di uno spicchio di realtà nella lotta della passata campagna elettorale delle Primarie tra i due candidati democratici (Hillary Clinton e Barack Obama) per sfidare un candidato repubblicano (John McCain) che già si sapeva non avrebbe avuto il carisma (e il successo) dei suoi predecessori (Reagan, Bush). Ma invece di concentrarsi sul passato, il regista premio Oscar come attore non protagonista per il drammatico Syriana (2005), guarda già al futuro, lasciando emergere qualche accenno di delusione nella conduzione degli affari di stato dell’attuale presidente statunitense, e a dispetto della bagarre del candidato repubblicano, sembra quasi non essere troppo certo di dargli il proprio sostegno alla prossima elezione.

Colpi bassi. Tradimenti manifestati come logiche inevitabili del gioco duro, e la cui rabbiosa risposta viene bollata come “vendetta da imprevedibile”. Ognuno dei protagonisti sembra tenere un filo di quella marionetta globale che è l’elettorato e il pubblico lettore. Nella politica non ci sono limiti né miti. L’Idea è solo il cerone che ci si lascia spalmare sul viso per imbonire la folla. Una volta entrato del gioco, ogni sentimento di presunta purezza lascia spazio ai muscoli. Qualcuno è pronto a giurare che non uscirà di scena e così nessuno lo potrà mai ricattare. Poi la telecamera indugia su di un logo di troppo. Fuori uno, dentro un altro. La sedia del burattinaio adesso è vuota. Fammi ragionare. Mi sembra di capire che hai qualcosa da dirmi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA