Legend ha di base un asso vincente da giocare: cosa c’è di meglio di avere uno dei miglior attori sul mercato come protagonista, se non averlo per due, protagonisti? Tom hardy è davvero bravo, e ci regala due performance ben diverse, fatte di parole biascicate, facce da piacione, occhi di demone e camminata da galeotto.
Reggie è quello affascinante, Ronnie quello malato di mente; Reggie al quarto minuto del film conquista la più bella, Ronnie ha un piccolo entourage di giovani omosessuali. Insieme, sono i fratelli Kray, e negli anni ’60 Londra è sotto il loro impero criminale (storia vera).
Non è certo il primo film di gangster che vediamo, neanche un anno fa Black Mass riportava in vita un periodo storico passato e ben ricostruito tra costumi e scene, ma soprattutto la vita di un criminale fatto di male puro. In Legend i criminali sono due, per il resto sempre di parabola criminale e di male parliamo; è quindi Hardy a dare valore al film, semplicemente perfetto e libero di dar sfogo alla sua interpretazione fisica.
Il resto lo fa il taglio à la Guy Ritchie, con one-line potenti e risse già cult: i due fratelli sono indimenticabili sia quando pestano gli altri che quando si pestano tra loro, sempre volendosi bene (”niente bottiglie”).
Ma le frasi migliori sono di Ronnie il matto: quando la mafia italo-americana parla di escort e lui, serissimo ‘io preferisco gli uomini. Italiani, ma anche Greci. Non ho pregiudizi’ come fai a non volergli bene?
Non c’è granchè da dire sul resto del cast, compresa la mogliettina fragile e schiacciata dal suo bel Reggie; il film a momenti la rende protagonista, in altri la tiene come sfondo adimensionale.
E questo è forse il più grande difetto del film, una storia indecisa su che direzione prendere, che porta a una certa repititività e a un minutaggio eccessivo.
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