Lei: la recensione di Barbara Monti
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Lei: la recensione di Barbara Monti

Lei: la recensione di Barbara Monti

Her
di Spike Jonze (2013)

In una Los Angeles futuristica ma non troppo vive Theodore, un uomo che in seguito alla separazione dalla moglie non riesce a uscire dalla dolorosa solitudine che lo avvolge.
Le cose sembrano cambiare quando entra nella sua vita Samantha, un sistema operativo di ultima generazione in grado di evolversi attraverso l’uso. L’incredibile “umanità” manifestata dal dispositivo porterà Theodore ad instaurare con “lei” una relazione affettiva.
Spike Jonze, qui al suo quarto lungometraggio, realizza un melodramma fantascientifico che difficilmente lascerà indifferenti gli spettatori. In primo luogo, perché la fantascienza ritratta dal regista è solo un passo avanti rispetto alla nostra realtà odierna e ciò rende possibile l’immedesimazione nella vicenda del protagonista. Il contesto urbano nel quale si muove Theodore, caratterizzato da una moltitudine di persone vicine ma allo stesso tempo lontanissime, il suo sentirsi solo in mezzo alla gente, la dipendenza dalla tecnologia, sono tutti elementi e situazioni che ci riguardano molto da vicino.
In questo caso il regista non utilizza la tecnologia come scopo, ma come mezzo, per parlare dell’essere umano e dei suoi sentimenti. Infatti, si riescono a cogliere le sfaccettature dell’animo del protagonista proprio attraverso la relazione amorosa che egli instaura con il sistema operativo. La dilagante malinconia nella quale è immerso Theodore, la sofferenza per un amore finito, sembrano svanire grazie al rapporto con Samantha, ma in realtà è solo un’illusione. “Lei” non è altro che una via di fuga, nella quale Theodore si rifugia poiché non è in grado di costruire una relazione bilaterale in cui avviene uno scambio reale tra due persone. L’immaterialità di Samantha è proprio ciò che lo rassicura: si tratta di una sua proiezione, di un’entità virtuale che si evolve e conosce attraverso di lui ed è “presente” solo quando lui lo desidera.
La scelta di Theodore di non mettersi in gioco, la sua paura di confrontarsi con la realtà e l’espediente della tecnologia che rende tutto ciò possibile, sono quanto di più attuale e realistico si possa raccontare: la fantascienza c’entra assai poco.
La sceneggiatura, scritta dal regista e vincitrice sia del Golden Globe che del premio Oscar, abbinata all’interpretazione magistrale di Joaquin Phoenix, costituiscono il vero perno su cui si poggia il film. La potenza delle parole, la loro capacità di estrinsecare i sentimenti più intimi, conferiscono grande intensità a diverse sequenze del film (dopo tutto è solo sulle parole che si basa la relazione tra il protagonista e Samantha, la cui voce nella versione originale è quella di Scarlett Johansson).
Joaquin Phoenix è perfetto nel plasmare un personaggio terribilmente bisognoso di amare ed essere amato e allo stesso tempo troppo spaventato per riuscirci. Nei numerosi primi piani ci si perde nello sguardo malinconico e trasognato di Theodore e i flashback che spesso seguono il corso dei suoi pensieri – i momenti vissuti con la sua ex moglie – costituiscono alcuni dei momenti più toccanti del film. Degni di nota anche l’utilizzo della luce, a tratti abbagliante, e una fotografia dai tenui colori pastello, che donano al film un’atmosfera poetica quasi onirica.
Her è un film ambizioso, che riesce a raccontare una storia dalle molteplici sfaccettature con incredibile delicatezza ed eleganza, ma che sicuramente presenta delle pecche. Una su tutte, l’eccessiva dilatazione di alcune scene: venti minuti in meno avrebbero sicuramente giovato al ritmo del film. Inoltre, l’ultima parte della storia, soprattutto per quel che riguarda l’evoluzione di Samantha, risulta meno incisiva nei dialoghi, senza riuscire a raggiungere un epilogo completamente soddisfacente.
Malgrado alcune imperfezioni, Her è un film che coinvolge lo spettatore suscitandone ora il divertimento ora la commozione e rimane sicuramente una delle opere più interessanti di questa stagione cinematografica.

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