Il bello dei bei film di fantascienza è che, utilizzando una buona dose di immaginazione, e senza restare troppo fedeli alla realtà, possono trattare delicati temi sociali e politici, altrimenti difficili da rappresentare con altri generi cinematografici, e, allo stesso tempo, regista e sceneggiatore possono raccontare storie o idee strettamente personali, “nascondendosi” dietro mondi inventati di sana pianta. In altre parole, la fantascienza può tutto. Può suscitare emozioni forti e autentiche, può infondere un’idea o semplicemente far riflettere e può fare tutto in maniera spesso più diretta e più potente rispetto agli altri generi grazie, anche e soprattutto, alla spettacolarità dell’immagine e della trama.
Questo incipit, vale in generale per tutti i film di fantascienza e fantasy inclusi, ma è ovvio che non significa che sono tutti film belli, anzi.
In questo caso, Her è proprio grande cinema.
Spike Jonze è uno dei più grandi registi di videoclip di sempre, ha diretto prima due esperimenti di metacinema scritti da Charlie Kaufman, riusciti ed estremamente interessanti, Essere John Malkovich (1999) e Il ladro di orchidee (2002), e poi è tornato solo nel 2009 con quel meraviglioso Nel paese delle creature selvagge, confermandosi ancora una volta uno dei registi più dotati e soprattutto più anticonvenzionali di Hollywood.
Adesso, con Her, è il momento della consacrazione definitiva.
5 nomination, tra cui Miglior film, all’ultima edizione degli Oscar e una vittoria per la Migliore sceneggiatura originale scritta dallo stesso Jonze. Il film racconta la storia di Theodore Twombly, un uomo solo e introverso che scrive lettere d’amore per coloro che non ne sono capaci (che idea!) e che, triste per la separazione dalla moglie, decide di acquistare un sistema operativo parlante dotato di una intelligenza artificiale capace di evolversi. Si innamorerà subito di questo sistema intelligente che possiede una vera e propria personalità, nonchè una splendida voce, sensuale e roca.
Con una fotografia e una colonna sonora pazzesche, il futuro immaginato da Jonze è inquietantemente straordinario, è qualcosa dotato di vita propria che fa paura per il realismo con cui è mostrato, per le riflessioni socio-politiche che suscita sull’uso e gli sviluppi della tecnologia, sui rapporti tra questa e gli esseri umani, ma anche tra soli esseri umani; tutte riflessioni che riguardano non solo il futuro ma anche il presente, perché quello di Her, se in un primo momento sembra un futuro abbastanza lontano, dopo poco inizi a pensare che, forse, tanto lontano non lo è.
Ma il lato fantascientifico di Her è solo il contorno, la superficie perfettamente delineata del film che, in realtà, tratta temi ancora più intimi. Tratta della separazione, del divorzio, dell’amore, del cambiamento inevitabile nel rapporto di coppia. Ed è una storia molto personale tanto che, volendo leggerla un po’ maliziosamente, potrebbe anche essere in parte autobiografica: è difficile pensare che per rappresentare l’ex-moglie di Theodore e la loro relazione, Jonze non si sia ispirato alla sua esperienza passata con Sofia Coppola.
Ottimo, comunque, Joaquin Pheonix a cui spetta il lavoro più duro perché Jonze fa pochi tagli, resta spesso fisso su di lui, quindi, parlando per buona parte del film solo con una voce (una bravissima Scarlett Johansson) deve rendere da solo tutte le emozioni. Da evitare assolutamente il doppiaggio italiano: Micaela Ramazzotti non va per niente bene come voce del sistema operativo, si sente che trattiene l’accento romano e non è neanche lontanamente vicina alla voce della Johansson.
Riuscendo in un impresa compiuta solo da pochi altri, Her crea immagini fortissime di un futuro angosciante e malinconico, pieno di gente sola che si diverte con videogiochi incredibilmente immersivi, abbraccia delicatamente lo spettatore per tutta la durata del film, ma, paradossalmente, non riesce a commuovere fino in fondo perché non trova il guizzo, l’affondo finale che avrebbe consentito alla pellicola di diventare un capolavoro assoluto.
Direi che ci accontentiamo volentieri.