Spira il vento fresco ed energetico del rinnovamento nel soleggiato paese di Pietrammare, e alita anche nel cinema di Ficarra e Picone, che, al quinto film, continuano sì con la loro comicità funambolica, garbata e leggera, intrecciando però all’amarezza di cui i nostri padri hanno riferito il genere un certo disincanto, che per gradi contamina una storia “particolare” che funziona da universale.
Stando che Salvo lo sbarazzino scaltro e dalla battuta sferzante e Valentino il ragazzo timido che sgrana gli occhi con stupore infantile, i due palermitani si ritrovano stavolta a deformare un po’ meno la realtà, non per via di uno sguardo più indulgente verso la Sicilia “sineddoche” dell’Italia, ma perché la realtà, ultimamente e in misura sempre maggiore, si è deformata da sola, e lo ha fatto con orgogliosa consapevolezza e a volte perfino con ostentata furbizia, mettendo in pratica i sinistri insegnamenti di almeno un ventennio di cattivi governi e spronata anche dagli effetti collaterali della nostra innata e più efficace medicina: l’arte di arrangiarsi. E di adeguarsi.
Detto questo, considerare L’ora legale un trattato di politica, o una condanna in blocco della classe dirigente, sarebbe sviante e sbagliato, perché in questo film mosso e che conserva qualcosa della favola nessuno sale in cattedra, se non i due sindaci che si contendono il consenso di un pugno di cittadini, promettendo uno i soliti favori, l’altro la trasparenza e l’onestà. Fra i due contendenti – guarda un po’ – a vincere è il secondo, miracolosamente sostenuto da un popolo non più pecorone che per una volta dice sì alle regole: al divieto di parcheggiare in doppia fila, alla raccolta differenziata, alla valorizzazione del patrimonio artistico e a un mare più pulito. Quando tuttavia l’agognato progresso si traduce nell’obbligo di pagare più tasse, di assistere impotenti alla distruzione della propria villetta abusiva e di tornare in ufficio invece di passare il pomeriggio al bar, ecco che i votanti illuminati gridano all’ingiustizia, e si rendono conto che “si stava meglio quando si stava peggio”. E allora … ecco la rivoluzione!
E’ un’idea singolare quella di una comunità che sceglie l’involuzione e che abbraccia il caos senza senso coinvolgendo nelle proprie macchinazioni e vendette pure la Roma ladrona. E sorprendenti sono i personaggi dei due comici palermitani, che non fanno gruppo a sé, che non provocano nessuna anarchica e strampalata rottura, aiutando anzi la causa, incuranti della parentela che li lega al neoeletto sindaco –cognato Pierpaolo Natoli e determinati a ottenere quel “ sì “ che li aiuterebbe nel lavoro. I loro sotterfugi e le loro marachelle notturne sono certamente un balsamo per noi vittime dello stress che abbiamo tanto bisogno di divertirci, ma, a ben guardare, nella stanza delle risate di cui ci sono aperte le porte, filtra, dalle tapparelle, una luce livida. Perché – ed è questa la terza cosa eccezionale – il bersaglio del lungometraggio è la gente, ossia noi: tutti un po’ marci come gli zombie di una serie tv, tutti un po’ furbetti del quartierino, tutti rei di una colpa che Ficarra e Picone mettono benissimo a fuoco: lasciarsi vivere nel nome del quieto vivere. Se andiamo avanti così, forse ci distruggeremo, infilando una serie di Gaetano Patanè. Oppure ce la caveremo, intestardendoci a non dividere mai l’umido dal secco.
Dei film diretti e interpretati da Salvo e Valentino, L’ora legale, è anche il più ambizioso e riuscito registicamente parlando. Come non fanno i comici che si sentono delle star, Ficarra e Picone, si accerchiano di attori, moltissimi attori, perché la coralità è forza, volti poco noti che vengono dal teatro , i quali danno energia, e il confronto con dei veterani come Leo Gullotta o il grande Tony Sperandeo che non oscurano il talento di nessuno, ma stimolano a migliorare il proprio.
Salvatore Cuccia