Sorrentino è ormai uno stile che non permette vie di mezzo, un’arroganza artistica priva di sfumature. Eccessi di licenza poetica che sguazzano tra metafore borghesi e chiacchere da salotto. E’ il solito istrione da palcoscenico, un’artista contemporaneo attento, audace ma non del tutto spericolato.
“Loro 1” è una tela che il regista napoletano sporca con pregiudizi e vizi di forma che impongono una visione fin troppo faziosa sull’ascesa di una figura, quella di Sergio Morra (Scamarcio), vero traino di questa prima parte, decisa a scalare ogni gerarchia dell’elite pseudosociale con l’uso del più famoso passepartout: un harem dalla dignità funerea che mette in scena, con fin troppa didascalia, l’immaginario di una realtà alla Hugh Hefner, che tra ville smisurate, incontri proibiti e scambi di favore indecenti, naviga in un glabro pudore recondito. Fino alla trappola per l’allodola, che in questo caso è più una specie di rarissimo cervo bianco.
E quando il cervo bianco arriva, il passaggio di testimone è talmente drastico da accantonare tutto quello che avevamo visto fino a un attimo prima. Un entreé disarmante, perfetta nel raccogliere quell’attesa (s)misurata che Sorrentino gli riserva quando siamo già ad oltre un’ora dall’inizio del film. Irridente, sfacciato, trascinante. Onnipotente e goffamente romantico, animato da una verve comica strepitosamente efficace quanto grossolana, al netto di un’imitazione imperfetta, quasi grezza, che si inserisce con un incastro sublime nell’atmosfera grottesca della fotografia di Sorrentino. Che se non fosse per quella veste da diavolo sarebbe anche da ammirare con il sorriso.
Servillo bravo, Sorrentino in attesa di giudizio.