Loro 2 - Il film (2018): la recensione di aleotto83
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Loro 2 – Il film (2018): la recensione di aleotto83

Loro 2 – Il film (2018): la recensione di aleotto83

C’era una volta un paese la cui storia politica era soggiogata per più di vent’anni da un singolo uomo, ma quella narrata in Loro non è una favola, benché ci venga raccontata da un trasognato Paolo Sorrentino, perché il paese di cui parla è l’Italia e l’uomo risponde al nome di Silvio Berlusconi.

Astutamente diviso in due film della durata di un’ora e mezza l’uno, usciti rispettivamente il 24 aprile ed il 10 maggio scorsi, Loro è il racconto tanto realistico quanto immaginario del periodo che va dal 2006 al 2010 in cui Berlusconi, lontano da Palazzo Chigi, si concede un buen retiro nella villa in Sardegna, tra solitudine e festini scatenati, meditando come riprendere il potere.

Per il regista premio Oscar per La Grande Bellezza però è l’occasione non tanto per prendere una posizione, perché del personaggio si è già parlato fin troppo su ogni tipo di media, dai libri alla musica ed anche al cinema, bensì per descrivere nel modo più spregiudicato l’italica ambizione alla scalata sociale senza avere reali virtù.

L’avvio di Loro 1 non è facile da metabolizzare perché patisce un po’ della sindrome del prologo, lo spettatore si aspetta che compaia subito in scena B. ed invece si ritrova costretto seguire le azioni di personaggi abbietti come arrampicatori sociali, ricattatori e ricattati, puttane e puttanieri, tutti accomunati dalla brama inarrestabile di volersi avvicinare a lui, anzi LUI, come è memorizzato nel cellulare di un suo ex-ministro.

Anche se il regista ha volutamente utilizzato nomi di fantasia per alcuni personaggi, è abbastanza facile riconoscere le caratteristiche di Giampaolo Tarantini, l’uomo che portava droga e prostitute ai festini di Arcore, nello spregiudicato giovane ”imprenditore” pugliese interpretato da Riccardo Scamarcio, oppure “l’ape regina” innamorata dei soldi Sabina Began nel personaggio portato sullo schermo di Kasia Smutniak.

Poi, a mezz’ora dalla fine del primo film all’improvviso arriviamo davvero a lui, surrealmente travestito da odalisca mentre tenta di riconquistare la moglie Veronica, irrimediabilmente depressa e dedita alla lettura di libri difficili.

Se la prima parte è caratterizzata da sorrentinismi sempre curiosi ma che appaiono quasi un po’ forzati, come la pecora che si congela guardando il telequiz ed il rinoceronte in fuga per le strade di Roma, la seconda ingrana al meglio fin da subito grazie alle interpretazioni irresistibili dei protagonisti.

Toni Servillo nei panni di Berlusconi (e del suo “doppio” Ennio Doris) è semplicemente immenso.

Truccatissimo eppure in certi momenti più vero del vero, mattatore e macchietta, l’attore napoletano si riconferma il trasformista migliore del nostro cinema contemporaneo nonché feticcio della filmografia di Sorrentino.

E’ lui a convincerci, grazie ad uno studio impressionante di ogni conosciutissima mossa ed espressione dell’originale, che quella che stiamo vedendo sullo schermo non è un’inflazionata imitazione, ma una grande variazione sul tema.

Si permette addirittura, durante la scena più assurda ma meglio riuscita dell’intero film, di uscire dal personaggio per fingersi un immobiliarista che telefona ad una casalinga tentando di venderle un appartamento, dimostrando a sé stesso di avere ancora le doti del miglior venditore: ci ritroviamo quindi un signore napoletano, che interpreta un milanese, che fa il napoletano e davvero ci tiene in pugno con la forza della propria recitazione.

La maestria di Sorrentino sta anche nel non giudicare un uomo ancora tanto divisivo ed influente nel panorama nazionale, idolatrato o odiato mortalmente, dipinto come il male assoluto o l’unto del Signore, ma anzi sceglie di mostrarcelo lontano dalla politica e dai palazzi del potere, con la malinconia di chi non capisce perché non lo amino tutti.

E qui entra in scena l’altra protagonista da psicanalisi del film, ovvero la triste consorte Veronica a cui presta volto e bravura una rivalutata Elena Sofia Ricci: in mezzo a tanti ambiziosi figuranti lei è l’unica che, sebbene sia rimasta al suo fianco per tanti anni, non si lascia più incantare da Silvio.

Le scintille tra coniugi di Servillo e Ricci sembrano autentiche durante il confronto che avviene quando Veronica viene a sapere dei festini del bunga bunga e della frequentazione di minorenni.

Perché il vuoto dell’Eden sardo e la solitudine del momentaneo autoesilio vengono riempiti, oltre che dal viavai di lacchè e compravendite di senatori, da un esercito di scosciatissime ragazze disposte a tutto pur di entrare nelle grazie dell’anziano milionario.

Loro 2 diventa quindi anche un’accurata descrizione delle famose “cene eleganti” e del dopo grazie ad un variegato bestiario composto da api regine, sedute sulle ginocchia del padrone di casa, ed i ciondoli a forma di farfallina che questi regala sistematicamente a tutte le invitate.

Sorrentino è bravissimo a mostrare la decadenza e lo squallore che prevalgono nonostante il lusso, il vigore forzato che deve fare i conti con l’età, ma anche la pungente ironia della scena in cui le aspiranti famose si allenano a mettersi in mostra cantando “Meno male che Silvio c’é”!

Non è nemmeno più seduzione quando, nella saletta adibita a discoteca, il rumore dei tacchi e del tessuto sintetico che battono sulla plastica sovrasta la musica dance mentre il creso sonnecchia, vista l’ora tarda.

L’aggettivo che viene in mente in queste sequenze è patetico, come ha il coraggio di commentare una giovane in crisi di coscienza.

A differenza de Il Divo, a mio parere il film più bello e spaventoso di Paolo Sorrentino, in cui Giulio Andreotti era interpretato sempre dal camaleontico Servillo, il Berlusconi di Loro non si svela mai, non c’è un momento in egli cui si confessa riconoscendo le proprie azioni o le sue vere intenzioni, è un continuo gioco tra verità e bugie, un continuo ripetere che la sinistra vuol vedere soltanto complessità mentre lui semplifica.

Chi sono Loro? i comunisti di cui B. parla sempre? gli arrampicatori sociali? Ma siamo proprio sicuri che loro in fondo non siamo che noi tutti, gli italiani?

Diversamente dagli altri film di Sorrentino (e della serie tv The Young Pope), in cui al pubblico frastornato restavano in testa tante domande, l’affresco italiano di Loro 1&2 è fin troppo facile da capire, anzi è un po’ avvilente per il ritratto sociale che ci restituisce, di un paese sotto l’incantesimo di un imbonitore.
Le uscite in sala ravvicinate hanno fatto crescere gli incassi al botteghino e la curiosità per vedere come andrà a finire, anche se da italiani sappiamo bene che si tratta di una storia infinita.

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