“Loro 2” (2018) è l’ottavo (bis) lungometraggio del regista-sceneggiatore napoletano Paolo Sorrentino.
Il dittico sorrentiniano si apre con una depilazione e si chiude con delle rovine. Dal futile che più non si può fino ad un dramma che è ancora lì e non aspetta altro che il nostro coraggio di persone. Dal clamore festaiolo al rumore silenzioso del sisma che ha piegato e distrutto la città de L’Aquila.
Un film che avrebbe potuto essere unico accorciandolo in alcune parti: già tre ore sembrano eccessive figurarsi oltre duecento minuti. Comunque Sorrentino si conferma regista di razza un po’ meno nel raccontare storie o meglio nel saperle gestire con sceneggiature affilianti e tagliate. Un buon scrittore di cinema potrebbe dargli il la per sfornare film di livello. Ma chi? Esatto chi oggi in Italia sa scrivere di cinema….in un modo (o nei modi) per seguire un regista come Sorrentino.
Film disfunzionale (nell’insieme), non lineare, asimmetrico, volubile, scabroso, irritante, mielose, ironico, commediante, pensoso e arioso. Un film in cui il lascito è ampio e dove ogni giro di manovella è misero di gestione, iperbolica-mente funambolico e scontrosa-mente terreno. Il napoletano regista e l’altro napoletano attore che, come Totò e Peppino, incontrano il milanese (in Villa Certosa) con un escamotage (ir)riverente facendo proferire il canto partenopeo che pargola il viso di Servillo. Manca la lettera, in ripresa, e il gioco è fatto: un riso e un sorriso mentre il cuore de L’Aquila è sventrato.
La vista è un punto di vista. All’inizio come uno sconquasso amatoriale sembra un omaggio, voltagabbana- minuetto, ad un potere di una certa altezza. Un metro e settanta è l’altezza della cinepresa del regista. Mai un centimetro in più e alla fin fine neanche un centimetro in meno. Tutto appare un rito risaputo o quasi idillico nei volti da ricostruire. Sembra quasi di aspettare le inquadrature per capire chi fa compagnia al Servillo-Cavaliere per un trucco compiacente e delle facce da comprimari. Da Paolo a Mike, da una velina all’altra, da una produzione ad una fiction, il quiz è tolto come le nomee di una TV culturale. E il parlare pre-divorzio Veronica-Silvio nel film appare una soap di un livello non molto elevato. Bravi si…ma pare inutilmente per attirarci nel rivederli. Così è se vi pare (da chi di teatro ne capiva).
Finale felliniano doc con un silenzio e un mutismo che fa sensazione rispetto a tutto la scorribanda iniziale. La statua ‘salvata’ dai Vigili del Fuoco e dai Volontari del ‘Cristo morto’ ha la sembianza di un innocente reso colpevole e di un paragone (ir)riverente verso il Berlusconi(smo) come di un piacere filmico verso il Riminese (impagabile e non pagabile). Tutto si promette anche una dentiera di fronte allo sventramento e alle polveri. Una donna e il suo povero cibo: il demiurgo del tutto fare.
Orge o balletti, ostinato o banchetto, ballo o baldanza. In una villa piena di tutto. Qui non manca niente ripete il Lui a tutto spiano. Anche per i senatori da convincere a passare dalla sua parte per far cadere il governo. Intento riuscito dopo incontri su incontri, aperitivi, goduria e aerei privati. Un Servillo a trentadue-denti finti o meglio sbiancanti (il Tom Cruise si ridesta per uno smalto che aveva perso nonostante l’età …) che intona musica e sopratutto canta da par suo (si intende l’attore) con ‘malafemmina’ raggiunge la teatralità di una messa in scena in continuo spolvero. Ecco il film va visto per lui, si intende Toni, che ci mette anima e core, per un’interpretazione surreale, viva, posticcia, saporita, zuccherosa e, forse, maliziosa.
Rito e rituale il cinema di Sorrentino, arricciato, fastoso è fastidioso. Ma un modo di farlo che è sopra le righe, nel senso letterale ma anche, e soprattutto, sopra i modi convenzionali di altri. Certo non soddisfa lo strafare ma certamente il palato
Omissioni di molto e aggroviglio di (in)utile; per una festa riuscita e una sfilza di ragazze mentre il Toni-Silvio racconta la barzelletta che più facile non si può. I comunisti ci sono. E nel mentre a tutto non sa rispondere perché ‘i suoi sogni sono il suo incubo’, il Mike nazionale fa il ‘ finto-tonto’ mentre si intrattiene con Lui senza sapere (o forse sa già tutto) che l’auditel del quiz è in calo per lui. Il suo gioco è in ribasso. Ma non certamente per le promozioni.
2, cioè due parole senza parafrasi per i gli abbienti. Per i ricchi che hanno tutto. Ma la ventenne velina, una vale l’altra, dice di non sentirsi a proprio agio con un settantenne che la corteggia. Il boy-perenne, non si offende mai come dice spesso, ma ha dall’altra parte qualche neurone che non si svende e i svende. Il tutto non basta per un corpo.
Il cast si dimena in grande spolvero e le recitazione è una somma, invereconda e tortuosa, tra una fiction e un grande film, una soap amena è un filmone con amen, una chiacchierata pazzeggiante e una retorica politicante. Un Toni Servillo che si diverte e si vede e una Elena Sofia Ricci che si dimena e si vede anche. Il gioco finisce e il dramma scalza ogni diceria. Il Goffo e la Riffa, l’Istrione e la Torva.
Regia alimentare e allegorica, colorata e avvenente di un film gioiosamente frizzante e comicamente demodè.
Voto: 6,5/10 (***).