La generosità è sempre seducente, anche quella di un ladro, anche quella di un bugiardo – che poi è solo un tipo molto particolare di ladro.
La generosità, che è quasi impossibile da aggirare, è la prima di tre qualità.
La seconda è la resilienza, la capacità di non offendersi mai.
La terza è l’ottimismo, il sogno sempre in vendita di un futuro più appagante.
Ce ne sarebbe anche una quarta, la solitudine, quella di chi parla sempre e non ascolta mai (“Lo sai cosa mi succede quando usano la psicologia con me? Niente”). Ma se sia una qualità anche quella, o una condanna, non è chiaro a nessuno.
Tre qualità e una condizione, su cui Paolo Sorrentino conclude con Loro 2 un ritratto di Berlusconi empatico, sentimentale, quasi languido, in cui quel che è esterno alla legge è sempre cornice, un presupposto detto (da un politico dell’opposizione, da Veronica, citato dentro al titolo di una notizia) ma non mostrato; e ciò che è interno all’uomo è invece al centro del quadro.
Non stupisce la scelta, che è perfettamente coerente alla carriera dell’autore, e soprattutto al suo decadentismo estetizzante, estremo, amorale (non immorale), quanto la misura di questa adesione.
Tanto che nel lungo dialogo – finale – che sancisce la separazione di Berlusconi dalla moglie, che racconta le dimensioni della loro distanza, c’è addirittura spazio per la commozione.
Tanto che l’ultima traccia del personaggio, nel film, è un atto di generosità.
È chiaro quindi che se la sfida, nel raccontare Berlusconi, è nel centrare contemporaneamente una forma di grandezza e una di miseria, la prima è sicuramente stata centrata.
Ma la seconda?
Ecco, il paradosso di Loro è tutto qui, e anche la sua grande qualità. Ovvero che la miseria dell’uomo e della sua storia è ormai una condizione così radicata nel Paese che è diventata quasi impossibile da focalizzare, tanto più da stigmatizzare. Quella miseria – che si è già evoluta, trasformata, degradata – che è già stata studiata, satirizzata, messa alla gogna, rivalutata – che ha già dato vita a una nuova generazione ancor più ambigua, inclassificabile – ha esaurito il potere di scandalizzare, e non può più incarnarsi in un film di Moretti.
E quindi, eccolo il paradosso: le miserie berlusconiane come forma di rimpianto.
A differenza di Loro 1, Loro 2 è pienamente, stabilmente incentrato su Berlusconi. A differenza di Loro 1 non separa l’indotto umano del suo regno dalla sua via domestica, mostra invece come si incontrano e si esauriscono l’uno nell’altro. E naturalmente non inizia (le due parti sono un unico film, lo ripetiamo, e la scissione è senza necessità), e non finisce, perché la commedia umana è ancora in corso.
Eppure dà l’idea che tutto sia finito già da tempo, senza che se ne sia accorto nessuno.
Semplicemente perché tutti hanno (abbiamo) imparato fin troppo bene la parte che Lui ha assegnato.
Mi piace: lirismo, ironia, farsa, senso del grottesco. Grandezza e miseria del personaggio ben miscelate.
Non mi piace: manca un affondo davvero feroce, uno sguardo storicizzato a un pezzo di storia italiana ridicola e terribile.
Consigliato a chi: ama Sorrentino, anche nei suoi “vizi” registici. È il suo film migliore dai tempi del Divo.
Voto: 4 su 5
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