I Beach Boys avranno anche scritto l’inno generazionale Surfin’ USA, ma in verità di surf sapevano poco o nulla. Il leader della band Brian Wilson, anzi, era tutt’altro che un tipo da spiaggia: mente straziata, cresciuto dal padre a suon di schiaffoni, in perenne crisi esistenziale e ricerca artistica, costantemente insoddisfatto o forse solo fatto, rinchiuso in studio con la sua voglia di andare oltre il sound commerciale, oppure in cameretta con le proprie paranoie, le voci nel cervello.
Love & Mercy, allora, s’inserisce pienamente nella tradizione dei biopic dedicati ai geni tormentati, da Ray a Walk the Line, passando per A Beautiful Mind. E il regista Bill Pohlad non solo conosce il suo materiale, ma lo mette in scena con sentitissima empatia e coinvolgimento; lo vediamo nell’amore (Love) con cui inquadra e descrive Wilson, sia la versione giovanile di Paul Dano che quella adulta di John Cusack: l’autore è sempre dalla sua parte, compagno invisibile o biografo infatuato, occhi a forma di cuoricino e inaspettata dolcezza. Lo vediamo nella sua compassione (Mercy), nel tifo sfegatato per il protagonista anche quando è ormai così poco lucido e intrappolato nei suoi incubi, solo contro il mondo e apparentemente senza via di fuga.
E nella stessa maniera in cui John Nash aveva la sua Alicia a indicargli le stelle, la possibile salvezza arriva tramite una figura femminile. Il racconto si colora di romanticismo, e aver ingaggiato Cusack non può essere stato un caso: lui ha rappresentato, nell’immaginario cinefilo, un certo prototipo di eroismo pop che va da Non per soldi… ma per amore ad Alta fedeltà; per questo i momenti più toccanti sono quelli che lo vedono assieme a Elizabeth Banks, attimi di una semplicità disarmante, eppur così vivi e carichi di calore. Paul Dano, dal canto suo, ha assorbito le ansie della malattia mentale restituendole coi suoi sguardi paralizzati, gli improvvisi crolli, il vuoto di cui sembra ogni tanto circondarsi fino all’annullamento.
Due parti, passato e presente, che trovano il loro punto d’incontro a metà strada, in una sintesi equilibrata che mescola carriera artistica e vita privata, dettaglio storico e intuizione poetica, ricostruzione biografica e licenza onirica. A risultare è un tributo al musicista che si amalgama col ritratto umano, dettagliato abbastanza da emozionare i fan di Wilson, ma anche enfatizzato il giusto per coinvolgere tutti gli altri che dei Beach Boys sanno poco o nulla.
Leggi la trama e guarda il trailer
Mi piace: Il percepibilissimo amore del regista nei confronti della storia
Non mi piace: La mancanza di un’impronta autoriale più marcata
Consigliato a chi: Ai fan dei Beach Boys, così come agli appassionati di biopic fatti col giusto equilibrio
Voto: 3/5
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