“Loving” (id., 2016) è il quinto lungometraggio del regista di Little Rock Jeff Nichols.
“Sono incinta” sono le prime parole di lei a lui: i due sono seduti sul davanzale della casa dove abitano. Un piccolo giro di ripresa dal buio, un delicato fermo-immagine e la bocca che apre alla vita. Lui rimane frastornato per un attimo poi si avvolge a lei per renderla felice di una relazione difficile e malvista. Gesti minimi, semplici e ammantati di freschezza.
Una storia che indica un cambio di passo fondamentale. Il ‘Loving contro Virginia’ rimane non un epilogo della vicenda di due persone sposate ma l’inizio di una società che è rimasta prigioniera con catene legali improprie e anticivili con un silenzio di comodo e poteri piacenti a se stessi. Siamo nel 1958 quando Richard e Mildred Loving, lui bianco e lei nera, vengono arrestati e condannati ad un anno di prigione colpevoli di essersi sposati. Convogliarono a nozze, non in Virginia, per la legge razziale che proibiva matrimoni misti ma a Washington D.C. Anni e anni di fughe, nascondimenti, avvocati e sofferenze: tutto mentre la famiglia vuole crescere e arrivano figli.
Richard è un muratore e ha passione dei motori delle auto: un uomo di poche parole, crudo, lontano dai vizi, beve qualche birra. Unica passione senza confine è l’amore per Mildred, donna docile e forte, mite e risoluta con uno sguardo penetrante. Due persone normali in una normalità che non esiste per la famiglia interrazziale in Virginia.
Un film delicato e soffuso, riservato e discreto, tenue e amoroso. Un lieve che oggi racconta un’epoca e un destino da cambiare: la vera storia dei coniugi Loving viene portata sullo scherma dal regista con estrema discrezione e riservatezza nonostante l’argomento di cui si parla e le polemiche legali fino all’epilogo della Corte Suprema degli Stati Uniti nel 1968. Una dichiarazione di vittoria che si vede da lontano: l’assenza degli interessati, una telefonata improvvisa, i modi di Mildred e l’ordinarietà di Richard che è attorniato dai piccoli figli. Un cambio di giudizio sulla famiglia vista da dentro non da altri. Il punto di vista di Jeff Nichols è la giusta causa per il rispetto verso le persone in causa.
E’ la stessa vita famigliare che vince sulle maldicenze, luoghi comuni e cattiverie: ‘sai che non dovevi sposarla…’ dice la madre di Richard a suo figlio, ‘forse…meglio divorziare’ si sente dire da amici o finti tali. Dura vivere in carcere e lontani per anni dal proprio Paese. Quando la fine dice ‘legalità’ Richard (Joel Edgerton), per l’ennesima volta, mette la malta sui blocchi di una casa, la sua casa che vuole costruire per sua moglie e i suoi figli. Un padre che rincuora l’animo e commuove per la storia che vive: il parto della moglie che vuole la suocera come levatrice, il guardare la tv appoggiato al corpo della moglie, la discrezione nell’aiutare i figli, la dolcezza di un viso duro ma che buca lo schermo. Il giusto è la giustizia di un amore quotidiano.
E che dire di Mildred Loving (Ruth Negga) che riesce a aprire sentimenti ben riposti con una retorica sottrattiva e occhi ben spalmati nel ‘destino’ dello spettatore che viene rapito da lei e dalle foto conclusive di una storia vera con colori sbiaditi fino al bianco e nero che distingue date e volti (Richard morì nel 1975 per un incidente, la moglie Mildred nel 2008).
Un film raccontato ad epigrammi, a piccole chiusure e aperture, a voli molto lievi e a leggerezze di cuore. Uno spirito di umanità e di forza interiore. Linea di confine evaporata dopo il matrimonio dei Loving.
Ambienti, luci, fotografia e movimenti di macchina sono in buona simbiosi d’intenti. Delle pellicole che raccontano una certa provincia americana (‘Moonlight’, “Barriere” e ‘Il diritto di contare’) ‘Loving’ merita certamente di essere visto.
Regia e sceneggiatura di Jeff Nichols vanno d’accordo con stacchi, primi piani e incroci interni-esterni misurati e efficaci.
Voto: 7½/10.