L’IMPERFETTO RITORNO DI SUPERMAN
“L’uomo D’acciaio” è il cinecomic inaugurale della nuova fase cinematografica della DC Comics, il film che pone le basi non solo per le successive avventure dei personaggi della popolare casa fumettistica, ma anche per la realizzazione (entro il 2015!) del film sulla “Justice League”, l’equivalente DC de “I Vendicatori” della rivale Marvel.
Atteso da molti, questo film si presenta come un reboot della saga cinematografica di Superman e ignora volutamente le pellicole con l’insuperabile Christopher Reeve (le prime due capolavori, le altre meno riuscite per varie ragioni) e l’omaggio/sequel di Bryan Singer del 2006 (purtroppo poco apprezzato ma invece da ben considerare come omaggio nostalgico ad un tipo di supereroe che oggi non va più di moda, purtroppo); si riparte, dunque, da zero anche se la trama è alquanto nota: per salvare il loro figlio Kal El dall’implosione del pianeta Krypton, Jor El e sua moglie Lara lo spediscono con una navetta sulla terra dove il piccolo viene allevato dai coniugi Kent. Clark, questo il nome attribuitogli dalla sua famiglia putativa, cresce sviluppando poteri straordinari e ben presto parte alla ricerca della sua vera identità. Dopo lunghe indagini riesce finalmente a risalire alle sue origini aliene e apprende, dall’ombra del suo vero padre, qual è il suo destino e la sua missione; la sua nuova condizione di super-uomo sarà subito messa alla prova dall’arrivo del Generale Zod, un criminale Kryptoniano, sopravvissuto alla distruzione del pianeta, che medita di ricostruire la propria civiltà a spese della terra.
Per analizzare a fondo il film, partiamo da una considerazione generale: la pellicola si fa apprezzare per alcune re-interpretazioni di elementi iconici della saga e per il continuo ricorso ai Flashback che incrociano due linee temporali ma è fortemente penalizzata da tanti, forse troppi, difetti legati in particolare alla regia e talvolta al tono della pellicola.
La mano di Christopher Nolan e del suo fidato Davis S. Goyer in sede di sceneggiatura si sente e molto ed è riconoscibilissima in particolare nella prima parte del film, dedicata alla scoperta delle origini da parte di Kal El; si ritrova, quindi, quel tono serio, introspettivo e problematico che aveva caratterizzato la trilogia del Cavaliere Oscuro, qui adattato alle esigenze della storia (ben più fumettistica) del personaggio. I personaggi sono perciò spogliati di quella vitalità leggera ed ironica che li ha sempre contraddistinti e si presentano come caratteri quasi smarriti davanti al mistero di questo super-uomo venuto dall’ignoto. Va detto che qualche sprazzo in più di ironia non avrebbe guastato il clima comunque importante che assume questa parte del film ma anzi, forse avrebbe contribuito a renderla più piacevole di quanto già non lo sia. Possibile che Clark non si lasci mai andare ad una battuta? Siam tutti d’accordo che è un’anima in pena, ma proprio per questo non dovrebbe aver voglia, anche lui ogni tanto, di staccare la spina anche per un attimo solo? Le uniche battute sono affidate, in rari casi, al personaggio di Lois Lane e a qualche comprimario di scarsa importanza, persino Perry White, capo di Lois e direttore del “Daily Planet”, è ripensato in chiave severa, lui che è sempre stato, nelle ottime performance di Jackie Cooper e Frank Langella, una delle note ironiche migliori di tutta la saga.
E nemmeno con il progredire della storia, l’arrivo di Zod e il grande scontro con L’uomo D’acciaio, si rilevano particolari note “leggere” ma si continua ad insistere su un tono di grande serietà, che in alcuni punti stona e fa sentire ancora di più l’esigenza di una sferzata più leggera; forse Nolan aveva paura di perdere quell’aurea di importanza di cui si ammantava la prima parte del film? A parer di chi scrive non si sarebbe persa quella pur bella atmosfera, ma anzi ne sarebbe uscita rafforzata l’intera operazione, discorso applicabile in alcuni casi anche al Cavaliere Oscuro.
Il cast, dal canto suo, compie un ottimo lavoro: Amy Adams caratterizza efficacemente la sua Lois riuscendo anche a suscitare tenerezza in qualche sequenza, Micheal Shannon è un ottimo Zod che (forse involontariamente) si rifà alla superba interpretazione del grande Terence Stamp, guardandola con rispetto e adattandola ai tempi moderni; Kevin Costner e Diane Lane sono credibili nei panni di Jonathan e Martha Kent mentre Russel Crowe s’impone nei panni di Jor El. Dispiace, invece, per Laurence Fishburne: il suo Perry White risulta alquanto sprecato ed inutile ai fini della trama; qualche nota di rammarico anche per Ayelet Zurer e la sua Lara: nelle poche sequenze a sua disposizione centra il personaggio in maniera magistrale e forse si poteva concederle un poco di spazio in più.
E veniamo a Henry Cavill e al suo Superman: l’interpretazione, pur efficace, lascia comunque qualche perplessità; l’attore, infatti, si limita a riproporre una gamma di espressioni molto comuni a tutti i personaggi che scoprono qualche caso insolito nella propria esistenza e non riesce ad emergere come vorrebbe: non sarebbe risultato errato, invece, un linguaggio più originale e particolareggiato.
Il film è, inoltre, da lodare per le belle musiche di Hans Zimmer, che abbandona la celeberrima sinfonia di John Williams in favore di melodie più cupe e in linea con la nuova lettura del personaggio, e per l’affascinante rappresentazione della società Kryptoniana, descritta attraverso costumi di stampo quasi antico in contrasto con un’avanzatissima tecnologia militare e non.
Ma il più grande difetto del cinecomic è, purtroppo, la regia di Zack Snyder: nelle scene d’azione (distruttive è dir poco) il continuo uso di camera a mano, zoom e montaggio iper-veloce, finisce per confondere lo spettatore e non lo aiuta certo a capire chi malmena chi; inoltre l’abuso di CGI rende alcune scene davvero posticce: tenesse un attimo ferma quella telecamera, anche solo per un minuto! Insomma, un errore colossale per delle sequenze che, se riprese con ben altro stile, sarebbero risultate molto più godibili, anche se forse un po’ troppo concentrate nel finale.
In conclusione, “L’uomo D’acciaio” è un discreto inizio per la nuova fase produttiva della DC ma chi scrive dubita fortemente che questo Superman possa far parte di una qualsivoglia Justice League: troppo serio. Si spera che nel prossimo episodio (già annunciato ancor prima che il primo uscisse: la fretta di Hollywood!!!) si abbandoni la deriva così spiccatamente introversa del personaggio e si riesca a trovare un compromesso tra introspezione e ironia.
Edoardo Billato
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