Lo chiamavano Machete…
Film d’apertura di “Venezia 2010”, Fuori Concorso, sezione Mezzanotte, lo vidi il giorno seguente in un assolato orario “improponibile”, un brillante Mezzogiorno di fuoco.
In compagnia delle solite “baraonde” e della mia tequila bum bum nel cervello. Film assaporato in fretta, nel mio gran spolvero, quasi mi soffiò “pifferaio” magico dei suoi eccessi, con furtive occhiatine ai miei “ormoni” tra il serio e il faceto, quasi sempre coniugi di totali passioni per il Cinema tutto, per le sue discole, “burrose” immagini intrepide da “fumetto” scacciapensieri che impicchino e trucidino la noia.
Io amai “Machete”, e dopo averlo visto in “italiano”, doppiato per intenderci, lo amo ancor di più sotto un'”altra veste”, forse per via, anche, della guascona voce di Stefano De Sando/Bob De Niro o per i facili “cazzo” sparati a raffica che non chiedono “troppo”.
Un film può essere, va da sé, tante cose, un burlesco sberleffo alle regole o le imputridite rigidità di stilemi e codici vetusti. Rodriguez qui shakera se stesso, s’innaffia d’allegrezza, abdica senziente al “darcela a bere”, imbevendo il suo “Cinema” di una “pensata” ma non pen(s)osa goliardia, il barocchismo sfrenato che diviene “balocchismo”.
E’ quella timidezza in cui screpoli te stesso, immaginando di baciarla “appeso” a paure già uccise.
Il tremore che è ora briosa “sciocchezza” dell’annusartene, della vita, e sfamarti o “sfumarti”dei suoi tanti diletti.
Rodriguez è come un infante col “cannone” che ci sospira le sue poco “dolci” immagini, per nulla “al cannolo”, quando le iterate “blasfemie” assumono le labili squisitezze del giuocarla, dell’estro esuberante da giostraio che si “camuffa” cowboy, libera “vacuità” che è memore di tanto Cinema deglutito, buttato giù e ricre(t)ato.
Capricci dell’enigmatiche mie tante vite e il mio carezzevole giacerne flessuoso, tortuoso e giocondo, dinamico restauro della virginale mia anima “vagabonda”, l’illibarla perpetuamente o fonderla nei più purpurei crepuscoli, rinsavirli d’aurore soavi, tergerne le ombre o miracolarli di alcolici dardi lucenti, fra buie grotte e venti tiepidi d’Oriente, la mia danza del ventre, lo “spoglio” pudore o sfide al mio stralunato Joker nottambulo, arriso dall’Ego serioso. M’accendo in vividi lampi di ribalda cavalleria e, poi, quest’armonioso impeto per un po’ si ritrae e si rabbuia, colorato solo d’ispido mero nero, anima che si nascose, elettasi moribonda si tatua orgogliosa di contagiosa felicità che, “intimorita”, svanì e, poi, vittoriosa, riemerse. Gioisco giuocando!
Apparenza che inganni me stesso , lo svii e, talora mi (e)viri, mi capto nell’altrove, forse eremita in tanti dove.
I film… li abbelliamo, noi li lambiamo o ce n’immergiamo, vi sfochiamo i contorni o l’infiammiamo, circuiti o solo sedotti nei loro laghi “sedati”.
Sono un Genius, forse, anch’io son avvezzo a non prendermi come Robert sul serio, e quindi questo è il mio inappellabile e quanto vorrete “discutibile” Ipse Dixit…
Innanzitutto chi è Machete?
Machete è, ca va sans dire, Machete, virile anima orsuta di un corpo che “languì”, s'”accecò” ombroso imbrunendo, già esperì la durezza macha nelle grinze della pelle, turbolenza di patiti dolori, di uno schiumoso tormento d’ermetiche rabbie o loro naufragio in giubilo, festa viscerale che s’issa in pompa magna trionfante, guerriero d’aura nostalgica della prode leggenda, profumo di selvaggio west che si desta da, pacioso “dormiente”, a incarnate albe, deflagra nella catarsi liberatoria del suo possente respiro in vulcaniche, sanguinarie, zampillanti eruzioni, osceno, goliardico furore di membra squarciate e divelte, forse nell’ira da stoico vagabondo, rifulgendo, rimembra chi era, mastodontico si erge a chi sarà… raffrenati istinti esplosi nell’irriducibile, parsimoniosa bramosia di nuove eroiche imprese, sgualcita anima baluardo di una remota epoca di sussurri arcaici, lupo scarnificato nel suo torbido amplesso che (s’)ammalia, carezza peccaminose, turgide donne, le gusta affamato palpitandole, svelandole muliebri qual si spesso, pudiche o troppo vanitose, si celano, ne bacia il loro “buio” in floreali unioni “perverse”. Perentorio e gaudente agli orgasmi della vita scardina le efebiche regole d’attrazione di bugiardi lustrati nella “raffinatezza”. In un Mondo plastificato d’idioti gentili Machete emana il felino fascino sensuale della (s)gradevole, combattiva irruenza, della maschia buffoneria della sua tersa autenticità, rottame o ultimo dei mentecatti, Dracula “creaturale” che offusca, negli ardimenti volgari, nelle focose passioni, le vanesie, futili ambizioni dei “leggiadri”. “Bestiale fanciullo” dalla portentosa grinta adultera ai taciti sguardi di chi, ipocrita, ubbidisce mortifero a false regole di bon ton. Colossale Totem, come simpaticamente lo blandiranno, inimitabile freak che, glorioso, espolia la sua disinibita nudità. Noi, avvinti dal monumento vincente di sé che imbastì, non possiamo che adorarlo, intoccabile idolo, forse inattaccabile.
Machete è il rancore assopito, le evanescenti Bellezze delle malinconiche urla o sua rabbiosa m’anche gioiosa euforia. Amandolo lo ribadiamo nel suo trono, assurto ad Angelo truculento, a divoratore invincibile dei cattivi. Ex federale che s’intorpidì e si foderò, inghiottito nella “decadenza” del suo sé romantico all’oscuro di tutti, ora, nei suoi lunari fibrillii, rifulge a noi per brillarci ancora.
Nella furba, corrotta demagogia di politici dalle bocche impastate e dalla grottesca “baldanza”, fra loschi squali “pornografi” dell’anima, è quasi un candido, fiero maledetto ed eburneo, ferale omicida.
Dopo i tetri viaggi nella notte delle ambigue maschere di “Sin City”, metropoli scalfita dalle sue cupidigie, dopo i lugubri fasti e i pasti zombi dell’apocalittico fumettismo horror di “Planet Terror”, Robert Rodriguez firma e plasma un altro “gioco” meraviglioso, con budella, sangue e uova al tegamino, salsa chili di carni macellate, con pazzo, indomabile divertimento, splatter luna park per il puro gusto “morboso” di chi lo gusterà. Forse le nostre coagulate ansie che lo bramarono e, nel giovamento di questa visione, si fomentano ardite e, in questa sua follia ardenti.
Capolavoro.
Io, senza pensarci due volte, inviterei Michelle Rodriguez, Jessica Alba e Lindsay Lohan per una “bagorda” grigliata al pepe. Perché la vita è meglio se in quattro “moschettieri”, uno, come l’ha definito qualcuno, “Capitan Fracassa”, e il terzetto femminile per il suo bollente Spirito.
(Stefano Falotico)
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