Maps to the Stars: la recensione di Tim_DarkShadows
telegram

Maps to the Stars: la recensione di Tim_DarkShadows

Maps to the Stars: la recensione di Tim_DarkShadows

In contemporanea con la sua presentazione a Cannes esce nelle sale “Maps to the Stars”, nuova pellicola dell’acclamato David Croneneberg, che sulla croisette ha sfilato al fianco di John Cusack, Julianne Moore, Mia Wasikowska e Robert Pattiston. Come spesso accade, specialmente per il cinema di Croneneberg, dopo la proiezione
il film divide nettamente pubblico e critica, gli amanti del cinema di Croneneberg e di questo cinema lo hanno lodato, altri che non sempre apprezzano il suo stile e non sono amanti di un cinema troppo ermetico lo hanno aspramente criticato. “Maps to the stars” parte da un’interessante idea di partenza, quello che il film vuole raccontare è intrigante, ma pur partendo da una buona idea il film non riesce a soddisfare lo spettatore, disperdendosi nel corso del suo svolgimento, lasciando alla fine qualcosa di molto incompiuto.

Al centro del film c’è una disfunzionale famiglia vittima della Hollywood dei giorni nostri: il padre (John Cusack) è uno psicoterapeuta, mentre la madre (Olivia Williams) si prende cura del secondogenito (Evan Bird) un tredicenne star delle commedie per famiglie, il quale assume un atteggiamento arrogante e spocchioso con tutti, la primogenita Agata, piromane, fa ritorno a Los Angeles dopo un lungo ricovero, che viene assunta dalla star in declino Havana (un’inedita Julianne Moore) come sua tuttofare.

In questo film, la trama ha un’importanza minore rispetto ai significati che emergono durante il suo andamento, ma ciò in cui Croneneberg sbaglia totalmente è il modo in è stato realizzato il film. Partendo da una sceneggiatura che non riesce a creare né interesse né tantomeno tensione emotiva, basata su dialoghi scritti in maniera da non coinvolgere lo spettatore, su personaggi non ben definiti, a cui non bastano bravi interpreti come la Moore e la Wasikowska per colmare gli enormi buchi della pellicola, e una narrazione confusa che spesso scende nello squallore. Forse una regia più incisiva avrebbe giovato al film, ma Croneneberg affida una sceneggiatura già poco soddisfacente a un cast dove manca totalmente alchimia tra gli attori e non particolarmente azzeccato per il film, tranne la Moore, l’unica che riesce a dare vita alle scene più interessanti del film, avendo l’unico personaggio con un minimo di approfondimento psicologico, e la Wasikowska sempre brava ma che non riesce a riempire il vuoto del suo personaggio. Se l’idea di base era buona, Croneneberg non è stato capace di sfruttare nessun elemento positivo che la trama poteva offrire, e seppur i significati reconditi del film potevano essere validi vengono totalmente persi da un film che non riesce a valorizzare nulla.

© RIPRODUZIONE RISERVATA