Maze Runner - Il labirinto: la recensione di Andrea Facchin
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Maze Runner – Il labirinto: la recensione di Andrea Facchin

Maze Runner – Il labirinto: la recensione di Andrea Facchin

Un ragazzo si risveglia all’interno di un ascensore al centro di una radura, con un gruppo di giovani come lui pronti ad accoglierlo. Non si ricorda il suo nome, né come e perché sia finito lì. Tutto quello che sa è di trovarsi in un villaggio che sorge al limite di una muraglia gigantesca, un labirinto che ogni mattina apre le sue porte, per richiuderle puntuale al tramonto. La via di uscita passa tra quei corridoi, ma trovarla pare impresa impossibile.

È questo l’incipit di Maze Runner – Il labirinto, adattamento di Wes Ball, al suo esordio dietro la macchina da presa, del primo capitolo della saga letteraria di James Dashner (4 volumi). Ultima distopia post-apocalittica della YA Generation, è un grande racconto di formazione che strizza l’occhio a Il Signore delle mosche, con adolescenti in bilico tra passato e futuro: Thomas è il protagonista, l’ultimo arrivato in questo gruppo di ragazzi sperduti, che insieme hanno creato una comunità improvvisata ma ben organizzata da leggi ferree (simil Fight Club), e in cui ognuno ha un compito da svolgere. “Mai entrare nel labirinto” è la prima norma: questo è un diritto concesso solo ai velocisti, coloro che ogni giorno si addentrano nell’imponente costruzione per mapparla e uscirne prima che le porte si chiudano. Rimanere intrappolati equivale a una condanna, ma Thomas è pronto a sovvertire questo sistema: interpretato da Dylan O’Brien (noto ai più per la serie Teen Wolf), è l’elemento che sconvolge la vita della radura perché incapace di accettare quello che sembra un destino già segnato. La sua backstory è la chiave per capire i segreti della trama: ricostruita attraverso brevi flashback per tutta la prima e seconda parte del film, priva di certezze lo spettatore riempiendolo di domande, che trovano risposta più ci si addentra nel labirinto, il grande antagonista. Come un’entità dotata di vita propria, dall’interno delle sue mura ruggisce e si trasforma cambiando periodicamente il suo percorso, sempre protetto dai Dolenti, implacabili ragni biomeccanici. Un inferno tecnologico simbolo delle paure dei protagonisti, tormentati da una memoria alterata che si fa specchio dello stato di disconnessione dalla realtà in cui sono immersi dall’inizio alla fine.

Peccato che il terzo e conclusivo atto non regga quanto ben seminato nei primi due, abbandonandosi a una serie infinita di stereotipi, radicati nella tradizione young adult. Ball cerca di ingannare l’occhio dello spettatore attingendo anche al di fuori del territorio d’azione, da un immaginario, cioè, che spazia dall’horror (le premesse, anche se con toni meno dark, ricordano quelle di Open Grave, per citare un titolo recente), all’avventura (Il mondo perduto, citato in un violento attacco notturno dei Dolenti che si consuma in parte nell’erba alta), alla sci-fi a tinte forti anni ’80 (vedi l’Alien di Ridley Scott, omaggiato dal muso dei mostri) e alla tv (Lost su tuttti). La formula che ha portato al successo i vari Hunger Games e Divergent, però, è ormai ben fissa nella mente del pubblico, e quando i nodi vengono al pettine l’effetto sorpresa si è già esaurito da tempo.

20th Century Fox punta molto su questa saga: l’obiettivo è farne un nuovo fenomeno globale, e il sequel è assicurato. In America ha esordito con oltre 30 milioni di dollari di incasso (in Italia arriverà il prossimo 9 ottobre), ma le perplessità sul fatto di trovarci davanti al vero erede di Hunger Games – espressione massima del genere – non sono poche. Sotto una chiave di lettura più ampia, Maze Runner pone molti interrogativi sul destino di tutto il movimento young adult, al cinema e sui libri: se in termini di narrazione le sorprese cominciano già a scarseggiare, quanta vita potrà avere quando sulla serie con Jennifer Lawrence calerà il sipario?

Leggi la trama e guarda il trailer

Mi piace
Per più di metà film la storia è intensa e gioca bene con le certezze dello spettatore, grazie a brevi flashback usati con intelligenza.

Non mi piace
La resa dei conti è troppo prevedibile e stereotipata allo schema young adult.

Consigliato a chi
Pensa che solo il labirinto di Shining sia una trappola mortale.

Voto: 3/5

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