Gil Pender (Owen Wilson) è uno sceneggiatore hollywoodiano in crisi creativa, stanco di correggere bozze e copioni di infimo ordine: per questo motivo vorrebbe compiere un salto di qualità passando alla narrativa e pubblicando finalmente il suo romanzo tenuto segreto perfino alla fidanzata Inez, ricca, intellettuale e pronta a impalmare il biondo californiano. La coppietta decide di compiere un viaggio a Parigi prima di pronunciare il fatidico “sì”, ma non da soli: con loro ci sono infatti i genitori della ragazza nonché suoceri-in prova (i quali mal sopportano la personalità fortemente naif del quasi genero) e una coppia di amici di Inez (Rachel McAdams) incontrati proprio lì nella capitale francese, composta dal saccente e pedante Paul (Michael Sheen) e dalla sua compagna-ombra. Gil, animo sensibile, sguardo triste e depresso, avverte un profondo senso di frustrazione che lo porta a fantasticare sul passato e su come sarebbe bello poter tornare indietro nel tempo e vivere nella sua age d’or, ovvero i ruggenti, folli e splendenti anni venti. E inspiegabilmente, proprio una notte, allo scoccare della mezzanotte un taxi preleva Gil e lo trasporta letteralmente in un’altra epoca, dove incontra i suoi miti e immortali maestri come Ernst Hemingway, Francis Scott Fitzgerald e sua moglie Zelda, Cole Porter, Dalì, Gertrude Stein, Picasso e la sua nuova musa Adriana (Marion Cotillard), della quale lo scrittore si innamora perdutamente al primo sguardo…
La pellicola è una dichiarazione d’amore verso la città dell’amour per eccellenza, ovvero Parigi, l’incantevole Ville Lumiere dove tutto è possibile, persino ritrovarsi per caso a viaggiare nel tempo e amare incondizionatamente fantasmi appartenenti al passato remoto. Gil è il perfetto alter-ego alleniano, nevrotico e naif quanto sensibile e innamorato più della sua arte che della pragmatica fidanzata Inez che gioca calandosi nei panni della finta- intellettuale d’essai insieme al suo amico Paul, vera incarnazione snervante della cultura più ceca e ottusa. Lo sceneggiatore in crisi, incapace di scrivere un romanzo, innamorato di Parigi ma incapace di compiere il grande salto recidendo completamente i ponti con il passato per trasferirsi definitivamente nel vecchio continente ricorda da vicino il contrasto dilaniante che ha afflitto Woody Allen stesso, quando sul set del suo primo film Hello Pussycat si trovò di fronte a una scelta emblematica: Parigi o New York? In quale delle due vivere? Il cineasta ammette di essere stato codardo- forse perché troppo giovane- e di aver rinunciato alla prima, scegliendo di restare ben radicato nella metropoli nella quale è nato e cresciuto. Eppure Allen considera Parigi quasi il riflesso della sua Manhattan, una città dalle mille luci, sfolgorante di notte, incantevole e poetica sotto la pioggia, nevrotica, frenetica e ricca di vita e di cultura. E poi entrambe condividono la stessa epoca d’oro, quei ruggenti anni venti dove i veri intellettuali credevano ancora nella bellezza e nella purezza della loro arte, vivevano, morivano (e si struggevano) per essa; ma nonostante questo omaggio poetico a un’epoca così lontana (ma non troppo) da noi, il grande regista arriva a un’amara considerazione: che per quanto possiamo fantasticare su un’altra epoca che ci sembra molto più affascinate della nostra, siamo comunque destinati a vivere il nostro presente, perché è solo questo che possiamo vivere. Gil ha la possibilità di compiere un viaggio quasi iniziatico che lo porta a riflettere su sé stesso, sulle sue aspirazioni, lo porta a mettere in discussione il suo rapporto con Inez e a rivedere le sue priorità nella vita.
Il film ha un sapore poetico e un’atmosfera affascinante e magica: merito della fotografia di Darius Khondji, caratterizzata da luci gialle basse e soffuse, che ricrea il clima sfavillante dei gloriosi anni venti mettendolo a confronto con la Parigi degli anni duemila, la quale- nonostante lo scorrere del tempo- riesce a mantenere intatta la sua anima romantica e bohemien, pulsante sotto un cielo impressionista di vaniglia attraversato dalle incostanti nuvole di una plumbea giornata di pioggia.