Millennium - Uomini che Odiano le Donne: la recensione di Stefano Pariani
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Millennium – Uomini che Odiano le Donne: la recensione di Stefano Pariani

Millennium – Uomini che Odiano le Donne: la recensione di Stefano Pariani

Fotografia fredda e grigia, scenario innevato, atmosfera sospesa e livida. C’è del marcio in Svezia: lo sa bene il giornalista Mikael (Daniel Craig), che, per le sue doti di integrità e perseveranza, viene assoldato da un ricco industriale locale (Christopher Plummer) per indagare sulla misteriosa e mai chiarita scomparsa della nipote, forse barbaramente uccisa da un serial killer 40 anni prima. Lisbeth (Rooney Mara) è invece una scaltra investigatrice bisessuale dal volto androgino, tatuata e ricoperta di piercing. E’ introversa, ha modi spicci, un passato difficile e da anni non riesce a star dietro a se stessa. Le strade dei due s’incrociano ed entrambi cominciano a lavorare sul caso della ragazza scomparsa: lui con metodica ordinata e scrupolosa, lei con modi più risoluti. Finiranno anche a letto, in una sorta di complicità non detta e mai fino in fondo esplicitata. Alla fine verrà a galla una serie di brutali segreti legati alla ricca famiglia di industriali e ci scapperà anche il morto con sorpresa in ultima battuta. La pellicola procede per gradi, si prende i suoi tempi (2 ore e 40 minuti), indaga e spiega i misteri di una famiglia, fra rancori, passi biblici da decodificare e terribili omicidi: il male è vicinissimo a noi e si nasconde in meandri invisibili. Ma il film indaga anche sulla sua protagonista femminile, sui suoi modi, il suo corpo, lo sguardo impenetrabile, la sua anima nera e tormentata. Gli uomini non ci fanno una gran figura e ne escono k.o. David Fincher realizza un’opera dal respiro quasi classico, dotata di un equilibrio monumentale, che riprende lo stile sporco di “Seven” e lo lega con quello più sobrio di “Zodiac”, con uno sguardo al “Silenzio degli innocenti”. Ottimo cast con attori in stato di grazia e volti azzeccati: Craig tosto e vulnerabile al tempo stesso, Mara un’autentica rivelazione e Skarsgard perfidamente ambiguo. Il remake, una volta tanto, l’ha vinta. Belli gli eleganti titoli di testa, in stile simil-007.

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