VOTO: 5,5/10
Nella Francia di fine ‘800, Rafael Padilla si esibisce in un piccolo circo di provincia nei panni di Kananga il cannibale, spaventando donne e bambini. Nello stesso circo lavora George Footit, un clown che ha tante idee per la testa ma nessuno con cui metterle in pratica. L’incontro fortuito tra questi due personaggi crea un esilarante duo comico, che verrà notato da Joseph Oller, un impresario parigino che porterà i due alla fama e alla gloria. Ma purtroppo Rafael è un nero in terra di bianchi, e la sua diversità etnica, più la sua ossessione per il gioco d’azzardo e le donne lo faranno presto rendere conto del mondo che lo circonda.
Diretto Roschdy Zem, il Benoit di Alaska, il film riporta sul grande schermo la storia vera del primo clown nero e della sua vita travagliata.
Rafael, figlio di schiavi, ha vissuto la sua vita tra un lavoretto e l’altro, accontentandosi poi di lavorare nelle vesti di un finto cannibale per un circo di serie B. Mentre invece Footit è un clown che ha visto alti e bassi nella sua carriera ed ora è alla ricerca di un partner con cui diventare grande nel panorama circense francese. Due esseri umani contrapposti, da una parte chi non aveva nulla ed ora possiede, seppur in maniera striminzita, qualcosa, chi invece aveva la fama ed ora rischia di perderla.
Ad interpretare i due clown abbiamo Omar Sy e James Thierrèe, rispettivamente nei panni di Rafael e George.
Il film affronta molti temi oggigiorno importanti: come il razzismo e il non dimenticarsi chi si è e da dove si viene. Però, malgrado le tematiche e le ottime intenzioni, il film ha mancato il bersaglio, non riuscendo del tutto a convincere.
Lo sviluppo della trama risulta essere lineare: un povero nero non ha nulla e gli viene data la possibilità di essere qualcuno, ma poi la troppa fama gli dà alla testa e rovina tutto. Il problema risulta però nella figura del protagonista. All’inizio del film ci viene offerta un’immagine di Rafael rispettabile: malgrado la sua umiltà è felice del lavoro che fa, si accontenta dei suoi pochi averi ed ha una relazione con la bella Camille, interpretata da Alice de Lencquesaing, un’ingenua giovane ragazza che stravede per il suo uomo. Le cose cominciano ad andare male, paradossalmente, da quando il ricco impresario Oller gli offre l’occasione, insieme a Footit, di diventare stelle del circo. Insieme ai soldi e alla fama, nella mente di Chocolat (questo il suo nome d’arte) vanno pian piano a sparire i suoi valori, come l’umiltà. Per esempio aveva promesso alla sua Camille che le avrebbe scritto di continuo, cosa che invece non avverrà mai, segno che nella mente del circense nero ora c’è spazio solo per la fama. La nota dolente per quanto riguarda la mentalità del personaggio avviene quando questi viene incarcerato per via della mancanza di documenti che possano confermare la sua identità. In carcere conosce un uomo, che con discorsi comunisti gli fa notare la sua posizione: pensa di non essere più uno schiavo ma invece passa le giornate a farsi prendere a calci nel sedere da Footit per soldi, diventando così schiavo delle risate del pubblico. Qui la psicologia del personaggio viene totalmente a mancare, delineando una personalità superficiale, incapace di rendersi conto dell’ovvio. Da quel momento avviene in Chocolat una mutazione che lo porterà a prendere coscienza di sé e a cercarsi lavoro presso un teatro, dove oserà interpretare l’Otello di Shakespeare davanti al pubblico parigino.
Un film purtroppo debole, che approfondisce poco il protagonista, facendolo diventare quasi secondario. Un occhio di riguardo invece va a James Thierrèe, che con un’ottima interpretazione ci offre un personaggio misterioso e riservato, George Footit. Infatti a questo personaggio, che è il protagonista degli sketch dei due clown, gli è stata riservata una parte in cui la mimica e la gestualità regnano sovrane, delineandone una bravura sopra la media.
Ultimo punto negativo del film risiede nella tristezza. Tutto il film è pregno di tristezza. Non c’è mai un attimo di allegria. Lo spettatore non può ritrovarsi nel sorriso del protagonista sulla locandina se il film invece non ne strappa nemmeno uno.
Purtroppo un prodotto fallace, di cui mi sento in dovere di osannare soltanto la bravura di Thierrèe e nient’altro.
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