Una cosa la sappiamo già di questi Oscar 2017, anche se verranno assegnati soltanto il 26 febbraio prossimo, e cioè che stavolta non saranno #OscarsSoWhite come lo scorso anno, perché sono stati fatti alcuni cambiamenti all’interno dell’Academy e soprattutto molti film con protagonisti e registi di colore hanno meritatamente ricevuto nomination nelle categorie più prestigiose.
Tra questi vi sono l’attesissimo “Il Diritto di Contare” con Taraji P. Henson e la candidata Octavia Spencer, “Barriere” diretto e interpretato da Denzel Washington e, in testa al gruppo con otto candidature, l’intenso “Moonlight” di Barry Jenkins.
Diviso in tre parti contrassegnate da tre nomi e soprannomi del protagonista, il film è la storia del giovane Chiron attraverso tre momenti precisi della sua infanzia, adolescenza e infine età adulta.
“Piccolo”, come è chiamato dagli altri ragazzini con tono di scherno, è un bambino afroamericano di un quartiere povero di Miami, cresciuto senza padre e con una madre tossicodipendente, che cerca sicurezza e normalità familiare nel rapporto con lo spacciatore locale Juan e la sua fidanzata Teresa.
Il secondo atto si sofferma sulla difficile interazione di Chiron con i propri coetanei e compagni di scuola, su tutti il suo migliore amico Kevin, durante il delicatissimo passaggio della ricerca della propria identità, anche sessuale.
Infine, in un epilogo di grande impatto emotivo, ritroviamo il giovane ormai cresciuto che ritorna nei luoghi della propria infanzia e fa un incontro troppo a lungo rimandato.
“Moonlight” è un film strano e asciutto, apparentemente lineare e semplice ma in realtà profondissimo, che parla di dignità e vulnerabilità, di confusione e della ricerca di sé nei modelli di persone che ci si è trovati davanti durante la nostra esistenza.
Con un protagonista escluso ed emarginato per diversi motivi, perché nero, omosessuale e povero, la storia avrebbe facilmente potuto scadere in passaggi pesanti o controversi, invece la macchina da presa segue Chiron concentrandosi sulle sue scelte ed esperienze senza commentare, senza pretese di moralità, non perdendolo mai di vista mentre le persone della sua vita vanno e vengono.
E’ davvero straordinario il lavoro dei tre diversi attori che lo ritraggono attraverso le fasi della sua maturazione, la tristezza riflessa negli occhi e nei silenzi di ogni versione di Chiron sembra sorprendentemente sempre la stessa.
Che si tratti del ragazzino smilzo maltrattato dai coetanei e sempre sottovalutato, alle prese con una madre possessiva, a tratti amorevole, ma sempre alla ricerca di una dose di crack, oppure del giovane adulto con l’apparenza da duro, che vuole assomigliare in tutto all’unica figura paterna decente che ha avuto, gli interpreti chiamati a dar volto al protagonista sanno tirar fuori all’improvviso la fragilità di un individuo che non ha mai conosciuto la felicità.
Tratto dalla sceneggiatura teatrale “In Moonlight Black Boys Look Blue” (Al chiaro di luna i ragazzi neri sembrano blu) con il solito gioco parole della lingua inglese tra il colore e lo stato d’animo triste, riscritto e adattato per lo schermo dal regista Barry Jenkins al suo secondo lungometraggio, questo film prodotto dalla Plan B di Brad Pitt ha aperto l’edizione 2016 del Roma Film Festival e già meritato importanti riconoscimenti, tra cui il Golden Globe per il miglior film drammatico.
“Moonlight” si presenta ai prossimi Academy Awards con lo stesso numero di candidature (8) di “Arrival” di Denis Villeneuve e dietro soltanto a “La La Land” di Damien Chazelle (14), con nominations di peso nelle massime categorie tra cui miglior film, miglior regia, miglior attore non protagonista (il bravissimo Maershala Ali, visto nella serie tv “House of Cards”), migliore attrice non protagonista (Naomie Harris, passata dall’azione degli ultimi 007 al ruolo controverso di madre tossica), miglior fotografia, montaggio, colonna sonora e sceneggiatura non originale.
A rendere speciale questo film sono anche la bellezza dei dialoghi ed il modo in cui vengono ripresi volti ed ambienti, senza dimenticare la bravura del regista a tenere coesa e attenta una storia in cui i personaggi cambiano così spesso età e aspetto.
La trama si complica, mescolando desiderio e violenza, quando il ragazzo da adolescente si scopre innamorato del proprio migliore amico, quel Kevin che fin da bambino gli è stato vicino.
La forza emotiva della terza sequenza, gli sguardi, i dialoghi e i silenzi tra i due uomini danno una spinta qualitativa alla pellicola, perché il tutto è talmente sincero da farci dimenticare che si sta guardando un film.
Nel suo sviluppo non c’è un passo falso, nessuna sotto-trama idiota che distolga dal messaggio di fondo: la vita di Chiron non è né giusta né sbagliata, è semplicemente una vita.
Una vicenda particolare, questo sì, ma che raggiunge toni universali grazie al lirismo della ricerca di sé.
La scena in cui Juan, lo spacciatore, insegna a Chiron bambino a nuotare come farebbe un padre è simbolica e toccante, quando gli spiega come stare a galla guidandolo e conquistando la sua fiducia, sembra quasi un battesimo.
Sono gli incontri che facciamo che fanno di noi le persone che diventiamo, e questo film sa mostrarlo benissimo.
CI E’ PIACIUTO: il modo delicato di raccontare alcuni temi difficili, le questioni razziali e le tematiche LGBT con naturalezza ed intensità, senza scadere mai nella pesantezza.
NON CI E’ PIACIUTO: alcuni personaggi si perdono per strada senza che il film dia spiegazioni, ma il suo realismo sta anche in questo.
SE VI E’ PIACIUTO: recuperate lo straordinario “Boyhood” di Richard Linklater, per i parallelismi tra storie di formazione, e “ Il Colore Viola” di Steven Spielberg, per il toccante ritratto della diversità e dei diritti dei neri.
PER APPROFONDIRE: andatevi a leggere qualche intervista all’autore Tarrell Alvin McCraney e di come la sua storia autobiografica, trasposta in una pièce teatrale mai portata su un palco, abbia commosso l’ex compagno di scuola Barry Jenkins e abbia unito entrambi nello sviluppo della sceneggiatura per il grande schermo.
UNA CURIOSITA’: Tra i volti dell’ottimo cast possiamo riconoscere il bravo André Holland, visto nella serie televisiva “The Knick”, qui nei panni dell’amico Kevin da adulto, e la cantante americana Janelle Monàe passata dalla musica al grande schermo, che rivedremo presto anche ne “Il Diritto di Contare”.