Vincitore al Festival di Cannes, nominato ai premi più prestigiosi e con uno dei registi ultimamente più acclamati “Nebraska” è un film imperdibile per chi ama il cinema d’essai. Il film rispecchia benissimo la poetica del suo regista, ma a differenza di altri progetti meno riusciti la storia dell’anziano Woody si adatta perfettamente allo stile del suo regista Alexander Payne, trovando finalmente una sceneggiatura che valorizzi il mondo di Payne, ma nonostante la trama sia ottima, attori impeccabili, e anche una cura dell’aspetto tecnico del film ciò che manca a “Nebraska” è un ritmo incalzante che soffermandosi troppo su particolari superflui alla vicenda fa perdere molto al film, che non affonda le radici a pieno nella sua storia.
L’anziano Woody è caparbiamente convinto che debba andare nel Nebraska a ritirare una cospicua vincita di denaro, ma non essendo supportato in questo dai parenti è costretto a scappare di casa innumerevoli volte creando tensioni tra la moglie e i due figli. Improvvisamente il figlio minore Dave decide di accompagnare il padre in questo suo folle viaggio, anche con il disapprovo della burbera madre. Nel viaggio verranno alla luce le vere realtà delle persone con cui Woody ha trascorso una vita, conti in sospeso e ricordi del passato.
Sicuramente Payne ha scelto un cast azzeccatissimo per la pellicola, un davvero bravo e comunicativo Bruce Dern, ben supportato da Will Forte, ma la vera star del film è June Squibb (nominata giustamente agli Oscar), che nel personaggio esilarante della madre non può non colpire dal primo momento in cui compare sullo schermo, divenendo anche un po’ il motore del film. Anche la fotografia, che meriterebbe di essere premiata con l’Oscar, e la regia abbelliscono molto il film, così come la scelta del bianco e nero. Se la sceneggiatura avesse avuto un ritmo più incalzante e meno ripetitivo, approfondendo alcune tematiche della vicenda “Nebraska” avrebbe meritato molto di più, nonostante nel complesso sia molto gradevole e sia un netto passo avanti nella filmografia di Payne non convince appieno purtroppo, rivelandosi un occasione sprecata ma ciò non toglie che il film meriti di vincere una statuetta all’Oscar, quella della fotografia.
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