È insopportabilmente sciocco narrare “Scene da una matrimonio”, che poi è un sottinsieme di “Scene da un amore (in disfacimento o no)”, trann’il caso in cui i patemi d’animo e l’angosce svettano fino al “survival” per l’Amore Assoluto negatoci, almeno sinora. Nell’opera terza della coppia Castellitto-Mazzantini si continua a strisciare ad altezza Muccino con arrogante superiore dosaggio letterario, ad altezza Virzì con inferiore arrogante dosaggio brioso, basta scendere d’età, dai 35enni ai 20enni, e ci s’imbatterebbe in un esecrato Moccia qualsiasi. Vecchioni è sfruttato per la fras’a effetto summa della poetica post’a titolo del film, una tamar(r)ata alla “Va’ dove ti porta il cuore”. Sennò l’unico momento profondo è quand’entramb’i protagonisti si mostrano cogitabondi, sempre meglio tardi che mai, circa la propria mortale finitezza, “anch’i miglior’amici non posson’andare al funerale dell’altro” (“even the best of friends cannot attend each other’s funeral”: Lamento di Logan), e si raccontan’i reciproci pensieri da vedovo/-a. Una separazione definitiva ch’a tutt’oggi è sempr’arrivata per chiunque. Il resoconto del fallimento generazionale dei “figli delle macerie”, dal muro di Berlino all’11 settembre, coinvolge catarticamente il pubblico in anagrafica sintonia, altrimenti la qualità del taglio prospettico è d’anoressia registica e da bulimia melò, “sentimentalismo stucchevol’e flaccido”, “ode all’ordinarietà che muta in realismo sfrenato [ed] esaltazione della mediocrità”.
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