È difficilissimo parlare in concreto di Noi senza svelare troppo e rovinare la visione, bisogna restare sul vago.
Allora: con i 252 milioni di dollari incassati, le tre nomination e un oscar per Get Out – un thriller politico con un cuore soprannaturale – Jordan Peele è entrato improvvisamente in quella cerchia di autori che con il genere possono permettersi di fare quasi tutto, per esempio scrivere un horror come Noi (20 milioni di budget contro i 5 del film precedente), ambiziosissimo e mai letterale, talmente carico di simboli e cambi di tono da rischiare di suonare un po’ sgangherato, ma comunque divertente e girato da dio. Poi fare un sacco di soldi e pensare al prossimo progetto, con un budget di nuovo quadruplicato e una disponibilità di chi ci mette i soldi ad assecondarti su qualunque idea: perché sì, sei un autore ma sei anche una miniera d’oro. Insomma, quello che è stato per anni Shyamalan e che non ha mai smesso di essere Nolan.
Noi, per almeno un’ora, è un classico home invasion, fa pensare a lungo agli Strangers di Bryan Bertino: c’è questa famiglia afroamericana con una villetta sul lago che, una notte, si ritrova assediata da quattro pazzi mezzi mascherati, apparentemente privi di motivazioni che vadano oltre il puro sadismo. Solo che quei quattro pazzi sono tali e quali ai protagonisti, proprio nel senso che sono identici. Sono loro. Altro non va detto, però succede questo: il film lavora a lungo sulla suspense seguendo certi principi di messa in scena molto comuni, poi – letteralmente – si scompone. Cioè perde i pezzi, degenera, va fuori di qualsiasi logica. E mentre questa fiction dell’assurdo scompagina trama e personaggi è come se la storia finisse fuori fuoco, e da questa sfocatura, da queste macerie di senso, emergesse potente l’idea politica del film, a un certo punto l’unica cosa che resta in piedi.
È un modo molto affascinante di intendere il genere, i germi erano già in Get Out ma qui il processo è estremizzato: dalla realtà all’horror, dall’horror alla sci-fi, e adesso addirittura dalla sci-fi fin giù in territorio fantasy. Una tale acrobazia che alla fine tocca mettere in bocca a un personaggio un super-spiegone per spiegare l’inspiegabile, quando ormai è troppo tardi da un pezzo.
Metà cinema politico e metà tunnel degli orrori, Noi funziona molto bene sia quando vuole divertire sia quando vuole far pensare, e l’unico problema è che non sempre sembra avere le idee chiare su come tenere assieme le due cose. Però ha la qualità di essere costantemente affascinante, fin dal prologo anni ’80 tutto girato ad altezza di bambino, che sarebbe un gioiello di cortometraggio anche lasciando perdere il resto.
È grande intrattenimento, stratificato, intelligente. E non sai mai dove ti sta portando.
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