Non avere paura del buio: la recensione di Gabriele Ferrari
telegram

Non avere paura del buio: la recensione di Gabriele Ferrari

Non avere paura del buio: la recensione di Gabriele Ferrari

Nel bene o nel male, Guillermo Del Toro è rimasto tra i pochi al mondo a fare horror come lo si faceva trent’anni fa: niente pornografia della violenza, eccessi splatter o colpi di scena in stile “era tutto un sogno”, ma solo oneste messe in scena a base di case infestate, mostri in cantina e protagonisti incapaci di pensiero logico. Nel caso di Non avere paura del buio, film di Del Toro in tutto tranne che nella regia (affidata all’esordiente fumettaro Troy Nixey), la riesumazione di un cinema ormai fuori moda raggiunge vette sublimi: trattasi infatti di remake di un vecchio sceneggiato per la tv datato 1973, che l’artista messicano ha deciso di trasformare in un omaggio ai film della Hammer, all’horror anni ’80 e a H.P. Lovecraft.

Proprio lo scrittore americano – mai nominato esplicitamente, ma quando un film si svolge a Providence, Rhode Island l’intento citazionista è fin troppo evidente – è il punto di riferimento primario per questa storia di creature della notte che abitano in cantina e di sventurati che si trasferiscono nella casa che sorge sopra la suddetta cantina. Riferimento non solo estetico – gli esseri che esistono da prima dell’uomo, l’oscura magione in stile coloniale, tutto rimanda ai racconti di Lovecraft, in particolare I ratti nei muri –, ma anche tematico. Perché Non avere paura del buio è un film il cui l’orrore più grande è quello dell’ignoto (e infatti quando Nixey decide di mostrare le creature il film perde parte della sua forza) e la gioia della scoperta e dell’esplorazione di angoli bui vale quanto un brivido e un spavento.

Gli omaggi non si fermano al più influente scrittore horror del secolo scorso, ma arrivano fino agli anni Ottanta di film come Poltergeist, a partire dalla scelta di trasformare la protagonista in una bambina (l’eccezionale Bailee Thompson). Questo aiuta a giustificare certe incursioni nel buio altrimenti inspiegabili – di fronte a un cunicolo che parla un adulto razionale fuggirebbe a gambe levate – e a rivestire la storia di una patina fiabesca. In tutte le accezioni del termine, compresa quella più marcatamente psicoanalitica: senza troppa finezza, Del Toro e Nixey creano una dicotomia tra il mondo reale, in cui la piccola Sally si sente respinta da papà e matrigna (Guy Pearce e Katie Holmes, i veri punti deboli del film), e quello delle fatine dei denti, fatto di inviti a «giocare con noi» e di inquietanti giocattoli che prendono vita. Escapismo e orrore, che portano inevitabilmente a un riavvicinamento tra padre e figlia, che viaggia in parallelo con il riconoscimento del pericolo da parte del primo e con l’essere presa sul serio della seconda. Tutto molto semplicistico, ma a modo suo efficace, anche se più per merito della bambina che degli adulti (Katie Holmes spaventata è indistinguibile da Katie Holmes felice o da Katie Holmes commossa).

Il vero problema di Non avere paura del buio è la sua natura anacronistica. Un pubblico smaliziato come quello di oggi, che nutre le proprie paure con mockumentary più veri del vero, torture porn in stile Hostel e slasher dal ritmo forsennato si stuferà presto di urlare allo schermo: «Perché lo fai? Vattene da lì! Accendi la luce!» e bollerà il film come una porcheria illogica e troppo lenta per i propri gusti. Chi invece sa ancora apprezzare un melodramma a tinte dark che procede compassato come si usava negli anni Ottanta, e non ha problemi a ignorare una regia senza guizzi e spesso imprecisa e due protagonisti su tre che sembrano capitati sul set sbagliato, potrebbe divertirsi come un matto con questo film. Che sarà pure fuori tempo e fuori luogo, ma come operazione-nostalgia vale (e forse supera) prodotti più patinati e più furbi come Super 8.

Mi piace
La gioia di esplorare un’immensa magione gotica in compagnia della piccola Sally. Nonostante la CGI, le creaturine cattive sono graziose ed efficaci.

Non mi piace
Katie Holmes e Guy Pearce: davvero non c’era di meglio in giro? La seconda metà del film perde un pizzico di magia ed esagera nel mostrare le creature.

Consigliato a chi
Non ha paura di fare un tuffo carpiato negli anni d’oro del cinema horror.

Voto: 3/5

© RIPRODUZIONE RISERVATA