Nichilista quant’il suo quas’omonimo “NCFOM” di McCarthy e dei Coen, un film con un fals’inizio e un arrivo ancor più falso e che ciononostante non è né falso né furbo: è l’italianità odierna, è l’occidentalità odierna, è l’umanità odierna nella loro mediocre sciatteria purtroppo veritiera e sincerissima. Titol’e prologo sono meno d’un pretesto, il racconto è destrutturato come nel cinema sperimentale ma involontariamente, la sceneggiatura e la caratterizzazione dei personaggi sono raffazzonate, un’accozzaglia d’appunti tardoadelescenziali intervallati da frasi sul senso della vita in stile “Baci Perugina”, l’unico bacio viene dato s’una tomba, Veronesi ci tien’a mostrare d’aver studiat’i classici, Eros e Thanatos son’inscindibili e lo sottolinea col rintronante tripudio dei violin’in soundtrack. Il terz’incomodo, il Luciano “Pavarotti” di Giovanni Anzaldo, è un Denis Lavant nostrano col suo “Fight Club” interiore, che si present’avulso dai social e poi però vol’a Cuba per intraprendere un’attività di diffusione del wifi sull’isola. I Negramaro (o i Tiromancino o Jovanotti) cantano la medesim’elegia dell’esistenza al netto dei se e dei ma. Il regista è avvilente nella propria pochezza poiché eppure ha dato tutto.
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