Nosferatu: il passion project vampiresco nelle vesti di blockbuster. La recensione del film di Robert Eggers Nosferatu: la recensione del film di Robert Eggers
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Nosferatu: il passion project vampiresco nelle vesti di blockbuster. La recensione del film di Robert Eggers

In uscita nelle sale cinematografiche italiane a Capodanno (con anteprime già dal 31 dicembre), l’ultimo remake della pellicola di Murnau, con un cast all stars composto da Lily-Rose Depp, Bill Skarsgard, Nicholas Hoult e Willem Dafoe, è anche il lavoro più recente del regista dietro The Vvitch e The Lighthouse.

Nosferatu: il passion project vampiresco nelle vesti di blockbuster. La recensione del film di Robert Eggers

In uscita nelle sale cinematografiche italiane a Capodanno (con anteprime già dal 31 dicembre), l’ultimo remake della pellicola di Murnau, con un cast all stars composto da Lily-Rose Depp, Bill Skarsgard, Nicholas Hoult e Willem Dafoe, è anche il lavoro più recente del regista dietro The Vvitch e The Lighthouse.

PANORAMICA
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A cosa si è disposti per inseguire la chimera? Certamente un quesito che ha interessato la totalità delle arti su cui l’uomo ha messo mano. Non in minor quantità il cinema. Tra i più altisonanti esempi di questa esasperazione vi è senz’altro il Fitzcarraldo di Werner Herzog, nel quale l’impresa del protagonista che dà il titolo al film si traduce nell’ambizione del suo stesso regista, disposto a dar vita all’impossibile pur di veder realizzato il proprio sogno.

Cronologicamente, l’ultimo autore che ha visto coronare un proprio grande progetto nel cassetto è Robert Eggers. Prima con The Northman e ora con Nosferatu, secondo remake dell’originale (giunto ormai a 102 anni) firmato F.W. Murnau, nonché a sua volta tratto dal Dracula di Bram Stoker.

L’adattamento precedente, datato 1979 e che vede proprio Herzog dietro la macchina da presa, riusciva nell’arduo compito di rendere estremamente vivida e vitale una favola sulla morte, un ossimoro intrinseco che porta l’intero progetto a risultare incredibilmente affascinante.

Eggers sembra fin da subito distaccarsi da questa versione: al dualismo di amore e morte viene sostituito un intersecarsi tra morte e sesso. La seconda sfera ha sempre catturato l’interesse della giovane promessa dell’horror, in particolare nella sua repressione dettata dal contesto storico e sociale. Qui, in maniera ancor più lampante, il rapporto sessuale flirta e coincide col finire della vita, e l’attaccamento tra Ellen Hutter e il Conte Orlok mostra più che mai le connotazioni di una relazione tossica, alla quale si potrebbero accostare molti neologismi inglesi dispregiativi che popolano le conversazioni del presente.

Lily-Rose Depp compie un lavoro magistrale nell’incarnare il mare di contraddizioni contenute dal suo personaggio, figura femminile profondamente attuale: una novella scream queen, la cui esasperazione recitativa è contestualizzata al proprio conflitto interiore ed esteriore. Sopra le righe è anche Bill Skarsgard, nuova personificazione del vampiro, di cui però Eggers sporca l’iconografia, giocando forse a sfavore con la performance dell’interprete, in un equilibrio perennemente precario tra grottesco e ridicolo.

Purtroppo non è questo leggero cambio di look il più importante punto a sfavore dell’operazione, bensì la sua stessa natura. Già con The Northman, l’ingerenza di una major come la Universal pesava molto sul risultato finale, ibrido tra la visione quasi incontaminata emersa nei suoi primi lavori e un immaginario riciclato da prodotti audiovisivi recenti più o meno noti.

Questa sensazione emerge in maniera ancor più preponderante con Nosferatu. Le soluzioni visive e i movimenti di macchina adottati sono efficaci, ma decisamente limitate e ripetitive, fallendo nel far emergere l’impronta distintiva dell’autore, qua ridotto quasi a un mestierante. Anche narrativamente il film subisce un evidente intervento esterno, sia in velocizzazioni estreme (seppur con i suoi 133 minuti di durata) che in un’atmosfera epica inserita a sproposito.

Viene quindi da chiedersi se sia valsa la pena dare vita a una terza trasposizione di Nosferatu coerente con la poetica valoriale di Eggers, ma così visivamente blanda e inerte, vittima del peso della grande produzione che si ritrova ad essere, pur di vedere realizzato un proprio passion project.

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