On the Rocks: Sofia Coppola omaggia Manhattan e il cinema di Woody Allen. La recensione
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On the Rocks: Sofia Coppola omaggia Manhattan e il cinema di Woody Allen. La recensione

La regista di Lost in Translation regala un altro ruolo di irresistibile cinico a Bill Murray, in questa commedia leggera che a tratti pare un film apocrifo del regista di Manhattan. Disponibile su Apple TV+

On the Rocks: Sofia Coppola omaggia Manhattan e il cinema di Woody Allen. La recensione

La regista di Lost in Translation regala un altro ruolo di irresistibile cinico a Bill Murray, in questa commedia leggera che a tratti pare un film apocrifo del regista di Manhattan. Disponibile su Apple TV+

Bill Murray e Rashida Jones in On the Rocks di Sofia Coppola
PANORAMICA
Regia (4)
Interpretazioni (4)
Sceneggiatura (2.5)
Fotografia (4)
Montaggio (3)
Colonna sonora (3.5)

Per Sofia Coppola il cinema è una questione di luoghi. “Somewhere” si chiama non a caso il film con cui ha vinto a Venezia, cioè “da qualche parte”: che sia un bar in cima a un grattacielo a Tokyo o la corte del Re di Francia, le ville vuote dei ricchi di Los Angeles o un collegio femminile durante la Guerra di Secessione, è dalla percezione dei luoghi che passa la percezione di sé stessi e degli altri. Ed è l’estensione dei luoghi che si traduce nei limiti e nei compromessi dei legami tra i personaggi.

All’ottavo film la Coppola torna in particolare a esplorare un rapporto tra padre e figlia – succedeva già proprio in Somewhere -, stavolta però ambientandolo a New York, la città dove è nata e dove vive dal 2010 assieme al marito musicista Thomas Mars e alle due figlie Romy e Cosima. E New York diventa ovviamente protagonista del racconto, una storia piccina piccina di gelosia coniugale messa a punto più che altro per valorizzare il talento comico e l’indole dolcemente cinica – dentro e fuori la finzione scenica – di Bill Murray, che nel film cerca di aiutare la figlia a smascherare i tradimenti del marito.

Il confronto con i film di Woody Allen è inevitabile, perché la Coppola sceglie di far vivere i suoi protagonisti dentro Manhattan – dentro Manhattan tornano a casa, vanno a cena, portano i bambini a scuola, cercano un regalo per il partner, si macerano nelle loro nevrosi. E perché qui Bill Murray sembra quasi un altro dei tanti alter ego di Allen, in qualche modo sfuggito alla sua ispirazione. Solo che nel frattempo Manhattan è stata congelata dalla gentrificazione in una città per turisti e miliardari, e quella vita ormai al cinema si immagina pochissimo: è la vita di un’elite che più che altro si mette sotto satira in drammi finanziari televisivi come Billions e Succession, o si trasfigura in cartoni animati dall’anima vintage come Soul

Quello che però funziona del metodo creativo della regista di Lost in Translation è che non cerca mai di barare, la sua ispirazione è trasparente, sfacciata come una confessione. Ed è chiaro che il suo cuore batte per la città, come batte per Allen e per Murray: così si toglie il lusso di mettere nel film, dirimpetto ai grattacieli, la musica jazz; di inquadrare i palazzi e le portinerie e i marciapiedi, come li abbiamo visti tante volte in Hannah e le sue sorelle o Crimini e misfatti; di regalare a Bill Murray una sfilza di battute sessiste che sono una summa della sua carriera e che l’attore solfeggia con la solita faccia tosta.

Ma la cosa più interessante è che oltre a tutto questo, e nonostante un finale in cui la protagonista si emancipa (a parole) da tutti i paternalismi, On the Rocks racconta soprattutto il fallimento di una prospettiva femminista, un fallimento che non è intellettuale e pubblico (la protagonista è una scrittrice di successo e cresce le sue figlie secondo valori progressisti) ma sentimentale e privato. Non solo per tutto il film è evidente infatti come il personaggio interpretato da Rashida Jones sia morbosamente legato al padre fedifrago, ma lo stesso rapporto con un marito che la trascura in modo ingiustificabile (basti pensare alla scena del party aziendale o al modo estemporaneo con cui gli comunica i propri viaggi di lavoro) viene alla fine sanato grazie a un gran pezzo di gioielleria, ripetendo in modo identico (l’orologio) la dinamica col genitore.

Incredibile ma vero: On the Rocks, che è certamente un film leggero e divertente, oltre ad essere una riuscita elegia di una città fuori moda come New York, potrebbe pure essere il film più politicamente scorretto che vedrete quest’anno: alleniano, sottilmente classista, autoassolutorio e consapevolmente avvinghiato all’immagine del maschio.

Il film è disponibile su Apple TV+

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