Tra i registi indipendenti statunitensi, Jarmusch è il più capace d’ammorbare con la solita rarefatta celebrazione dell’epicità nel vivere quotidiano. “Paterson” è un film impalpabile che ambisce a mettere in scena quanto con supponenza crede poesia. Il regista sfrutta gli stessi elementi che si scontrano come giganti nei film di Malick (vento, sole, fronde, erba, federe del letto, donne) in una storia d’anonima routine esistenziale che non entra nel cuore e anzi via via sfiorisce nell’opacità dei gesti, i pensieri e le situazioni vissuti dal catatonico protagonista. L’esperimento anti-fiction della durata d’una settimana in una provincia tranquilla e atemporalmente fiabesca non argina l’incombere d’una noia estenuante.
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