Sgombriamo il campo da ogni equivoco: se conoscete Simon Pegg e Nick Frost e apprezzate la loro comicità, dovreste andare sul sicuro con Paul. Come già per L’alba dei morti dementi e Hot Fuzz, la ricetta è semplice: prendere un genere cinematografico e l’universo culturale che gli ruota attorno, rimasticarlo e sputarlo fuori sotto forma di affettuosa parodia. Un modus operandi che funzionava alla grande nel caso di strizzate d’occhio cinefile come quelle ai film di Romero, ma che in questo caso ha proprio nella scelta del riferimento il primo punto debole. Difficile, infatti, trovare qualcosa di nuovo da dire se si vuole prendere in giro il cinema di Spielberg, che già ha subìto valanghe di riletture, parodistiche o meno. Quello che nasce come un gioco su più livelli, quindi, si appiattisce in parte, relegando Paul “solo” nella categoria delle commedie gradevoli.
Già, perché, riflessioni filosofiche a parte, resta il fatto che stiamo parlando di un film che nasce per divertire, e per la maggior parte del tempo ci riesce. Gli ingredienti sono quelli del classico road movie, con due nerd inglesi (Pegg e Frost) che decidono di girare per l’America in visita ai luoghi storici della Ufomania a stelle e strisce. E così, tra l’Area 51 e Roswell, i due si godono il loro personale sogno americano, finché il destino mette sulla loro strada un alieno. Che ha le movenze e la voce di Seth Rogen (avrebbe: da noi si è optato per Elio, non-professionista e dunque anello debole del doppiaggio in toto), ed è incidentalmente una delle creature digitali meglio realizzate e meglio integrate con la parte live action che si siano mai viste sul grande schermo. Riprendendo la tradizione di classici come Chi ha incastrato Roger Rabbit, la cricca Pegg/Frost/Edgar Wright (regista del film) danno vita a un personaggio che spesso è più umano degli umani veri che ha intorno. Poi certo, è sboccato, volgare e amante della marijuana, il che contribuisce a renderlo simpatico. Ovviamente Paul si unisce ai due e altrettanto ovviamente si scopre che il governo lo vuole riacciuffare. Il road trip si trasforma così in un inseguimento demenziale, nel corso del quale i due incontrano una creazionista convinta (Kristen Wiig), una vecchia amica di Paul e persino un cameo d’eccezione (prevedibile come la neve a Natale).
Si ride, quindi, e si gioca alla caccia al tesoro di citazioni più o meno colte. Tutto molto classico, tutto molto politically uncorrect, ma senza mai esagerare. Ed è questo l’altro grande difetto di Paul (il film e l’alieno): la mezza misura. Non che Pegg e Frost ci risparmino chiappe extraterrestri o parolacce a profusione, ma si ha sempre l’impressione che il freno a mano della comicità sia tirato. Non ci sono stragi di zombie a ritmo di Queen, insomma: solo rutti, gag sulla presunta omosessualità dei due ed esplosioni. Si potrebbe obiettare che sono gli stessi film citati a essere edulcorati, e dunque l’operazione è volutamente filologica, ma è una magra consolazione: pur con qualche momento esilarante e un finale buonista ma scaldacuore, Paul è un film che diverte ma che si impegna poco per andare oltre la sufficienza.
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Mi piace
Il senso d’avventura che Pegg e Frost riescono a infondere nel loro viaggio. Il vecchio ma sempre divertente gioco della caccia alla citazione.
Non mi piace
La mezza misura su cui si regge il film: né omaggio a Spielberg né sua parodia, né film politicamente scorretto né commedia per ragazzi.
Consigliato a chi
Ama i film della coppia Pegg/Frost, la fantascienza anni ’80 e le parodie cinefile.
Voto
3/5