Perfetti Sconosciuti racconta una storia che abbiamo un incondizionato bisogno di sentire. Non tanto per una questione morale che gira senza troppi fronzoli intorno al famoso detto “occhio non vede, cuore non duole”, quanto piuttosto perchè solletica la primitiva ricerca di trasgressione, sotto forma di un desiderio di evasione dal quotidiano che rischia troppo spesso di portarci fuori strada, oltre il confine tra giusto e sbagliato.
Per cui quando ci viene chiesto di partecipare a questo strano gioco è forse meglio declinare e osservare da lontano. Perchè non basta avere la coscienza pulita per escluderci dalle conseguenze.
Paolo Genovese è ormai una certezza in fatto di commedie all’italiana, un successo costruito su sceneggiature “pulite” e mature. Calcando le orme di predecessori quali Carnage e Il Nome del Figlio sfrutta il filone della commedia “da salotto”, molto teatrale ed estremamente diretta. In questo caso ci invita a passare una serata in amicizia, dove tra coppie sposate, altre in pieno fermento amoroso e figure in (ri)cerca di identità, il lietmotiv della serata diventa soltanto uno: condividere attraverso i propri smartphone chiamate e messaggi. Idea simpatica o campanello d’allarme?
Il bello di questa roulette russa risiede in ogni decisione. Partecipare scherzosamente forti di non avere nessun segreto, oppure evitare di prestarsi ad una stupida e infantile prova di fedeltà destando più sospetti di quanti non si vorrebbe? Genovese apparecchia la tavola con garbo, dove gli antipasti sono brevi accenni delle vite quotidiane dei protagonisti. Cosimo (Edoardo Leo) e Bianca (Alba Rohwacher) sono i due giovani sposini innamorati in pieno fervore amoroso, Lele (Valerio Mastandrea) e Carlotta (Anna Foglietta) una coppia con due figli e qualche scricchiolio evidente, poi c’è Beppe (Giovanni Battiston), reduce da un matrimonio fallito e con serie difficoltà a ristabilirsi, infine i due padroni di casa: Eva (Kasia Smutniak) e Rocco (Marco Giallini), in crisi da tempo e con una figlia adolescente che ne accentua i problemi. Insomma, una serie di micce pronte ad accendersi. Il piatto forte? La privacy.
Inutile negare che il telefonino sia diventato uno strumento dominante nei nostri confronti. Impossibile trovare un amico più fidato. Quando la spia del dubbio si accende ogni sicurezza vacilla, e più ci si inabissa nel profondo, più sarà duro riemergere.
Ma non è tutto dramma quel che sembra. La forza di questa pièce risiede nella trasposizione della compagnia dei protagonisti, bravissimi a ricalcare un ambiente affiatato e caloroso. La prima parte scorre di gran lena, con Mastandrea assoluto mattatore, affiancato da un Battiston misurato, spalla eccellente in un paio di scambi veramente esilaranti. E’ ancora quando il gioco resta gioco. Il momento in cui tutti vorrebbero alzarsi dal tavolo con le fiches in mano, quasi annusando il cattivo presagio dietro l’angolo.
La successiva escalation di tensione è palpabile. Battute a vuoto, doppi fini e risposte evasive denudano minuto dopo minuto ogni certezza. Il gioco diventa sanguinoso e spietato. E soprattutto è impossibile lasciarlo.
Genovese esagera a più non posso distribuendo clichè che affamano quelle doppie identità fino ad allora sconosciute. Scalda l’atmosfera con stilettate massacranti e la stempera con carezze toccanti, affidando a Giallini un passaggio sensibile e commovente.
Perfetti Sconosciuti coinvolge più di quanto vorremmo. Racchiude dietro domande esistenziali il perchè le persone hanno bisogno di un angolo segreto. Forse per evadere, magari per vivere.
La bravura degli interpreti è più di metà dell’opera, il mix di emozioni appaga pienamente la visione mentre la sceneggiatura tonica conferma Genovese come uno dei più talentuosi registi nostrani. Non è un film da prendere alla leggera, perchè mostrarsi impreparati al peggio può lasciare l’amaro in bocca. Ma diverte, pur avvertendoci di quanto sia facile perdersi in un bicchier d’acqua.