Quante vite viviamo, da quando abbiamo la possibilità di nasconderci dietro ad un display, che sia di un telefonino o di un pc? E quanto realmente ci conoscono le persone che ci circondano?
Questa la premessa narrativa alla base della storia narrata da Genovese, incentrata su un gruppo di amici che, in occasione di una cena, iniziano una moderna versione del “gioco della verità” con protagonisti gli smartphone: cancellato per una sera il concetto di privacy, ognuno avrà il diritto di ascoltare le chiamate o leggere i messaggi ricevuti da qualcun’altro. Quello che all’inizio sembra appunto un gioco innocente si trasformerà, con lo scorrere dei minuti, in un vero e proprio massacro, portando gli amici di sempre a rendersi conto che in realtà non si conoscono affatto.
Paolo Genovese, con i suoi “Perfetti Sconosciuti”, affronta un’argomento spinoso e decisamente attuale descrivendo, attraverso un copione dagli snodi narrativi reali e credibili, dei personaggi facilmente riconoscibili nel nostro quotidiano, fornendo così allo spettatore numerosi spunti di riflessione celati dietro ad un tono comico quel tanto che basta, da non sminuire il dolore portato in scena dalle continue rivelazioni, e vero protagonista della pellicola.
Perchè Perfetti Sconosciuti è un film cattivo, crudo, che spoglia dal buonismo dietro la quale è solita nascondersi la società moderna, mettendone in scena la paura più semplice:quella che le persone a cui vogliamo bene ci mentano o ci nascondano qualcosa, qualcosa che sappiamo che potrebbe ferirci ma che vogliamo comunque conoscere.
Ma, c’è bisogno di coraggio per affrontare a viso aperto le persone che amiamo, e sopratutto, per affrontare le conseguenze che potrebbero aver origine da tale gesto e spesso si sceglie di tacere, come nel finale della pellicola in perfetto stile Sliding Doors, dove tutti tornano a casa accompagnati dai propri fantasmi.