Per iniziare a parlare dell’ennesimo film francese ottimamente costruito, non si può non citare i precedenti relativi almeno all’anno in corso, anche perché questa commedia attinge a piene mani dal cesto dei principali attori d’oltralpe. Dicevamo, in un 2012 dove la Francia porta nelle nostre sale tanti film di successo, partendo da “La chiave di Sarah”, passando per il pluripremiato “The Artist”, concludendo con la rivelazione assoluta al botteghino di “Quasi amici” e senza dimenticare le ottime interpretazioni de “Il mio migliore incubo” e ricordando l’imminente “17 ragazze” trova un posto di rilievo questo “Piccole bugie tra amici”, con un cast di assoluto rispetto e dalle forti garanzie.
Il segreto? Se sei abbastanza bravo e sicuro di te, prendi un premio oscar come Dujardin e fagli fare un ruolo marginale, ma che preveda un piano sequenza tanto shoccante quanto ben fatto e che sia il giusto preludio a un viaggio all’interno degli altri personaggi. Già, perché Ludo (Dujardin), uscendo da una disco parigina sta per avere un incidente molto grave in scooter, e i suoi amici non sapranno se andare lo stesso a fare il solito mese di vacanze estive al mare. Decisione difficile e sofferta, ma si partirà, e finalmente potrà partire anche il film, che comunque era piaciuto anche fino ad ora.
E’ proprio durante le vacanze che si dipana e si intreccia la trama di questo film molto ben costruito, con una caratterizzazione maniacale (nel senso positivo del termine) dei personaggi, sicuramente beneficiaria delle quasi 2 ore e mezza messe a disposizione dal film. Le storie e i segreti dei protagonisti si fondono, un una girandola di bugie e di mezze verità, di verità taciute o soltanto sussurrate all’orecchio di qualcuno e a insaputa di altri. Abbiamo le paturnie e lo stress di Max (un leggermente confuso e un po’ plasticoso François Cluzet), il padrone di casa, persona ricca e coi nervi completamente scoperti, l’agonia e l’ottimismo del sognatore Antoine, che è stato mollato da Juliette ma fatica a farsene una ragione, la spavalderia ma anche la solitudine psicologica del bel Eric (un ottimo Gilles Lellouche), la confusione del tranquillo Vincent (uno strepitoso Benoît Magimel, miglior interprete di questo film), e l’ambiguità della bella e dolce Marie (interpretata da una splendida Marion Clotillard), sempre a metà strada da omosessualità e ricerca di sesso facile e senza impegno. Una “generazione Muccino” à la francese, con gli stessi problemi ma molta più ironia e voglia di vivere. Ecco, è questo, forse, il punto forte di questa pellicola: l’unione tra questa Babele caratteriale unita a una Sodoma e Gomorra psicologica imperante, che trova nell’assoluta presenza di ironia, anche su temi apparentemente seri, il proprio colpo vincente. Battute irrispettose, dialoghi al limite del litigio, rapporti sul filo dell’insulto, ma il tutto condito e salvato da amicizie solide e apparentemente indistruttibili, forse perché consapevoli loro stesse di essere costruite su “piccole bugie”, che tutti sanno ma che nessuno èintenzionato a smascherare.
Ogni attore (sempre con la riserva di Cluzet, che “sforza” troppo) sembra essere a proprio agio all’interno del personaggio, ed è così in grado di renderlo vero e di fare passare in fretta le due ore e mezza del film, che per un film a metà tra melodramma e commedia non sono per nulla poche. Una pellicola in cui questi attori vengono diretti da Canet in maniera brillante e vengono guidati fino all’obiettivo primo, quello di strappare qua e là una lacrima, ma soprattutto diverse risate e molti applausi.
Insomma, la Francia colpisce ancora e non dà segni di volersi arrestare, ma forse, se questo è il livello delle produzioni, molto meglio così che non la commedia nostrana.