Se lo paragonassimo ad una nave, potremmo dire che il botteghino è rimasto incagliato nelle secche di un caldissimo fine maggio, che ha svuotato le sale cinematografiche.
L’unico a restare saldo al timone degli incassi, su entrambe le sponde dell’Atlantico, è un capitano tutt’altro che coraggioso, che dopo sei anni dall’ultima avventura è tornato sul grande schermo: Jack Sparrow!
Il pirata più folle, codardo e pasticcione del cinema è ancora capace di far guadagnare milioni alla Disney, nonostante sia giunto al film numero cinque e non tutti fin qui siano stati qualitativamente eccelsi.
Se il primo era stato una vera sorpresa, nonché il film più avventuroso dai tempi de “I Predatori dell’Arca Perduta”, il secondo era stato un potentissimo giro di giostra, il terzo volutamente epico e grandioso, mentre il quarto è risultato fiacco e dimenticabile nonostante un buon avvio.
Per cui diciamoci la verità: eravamo un po’ stufi e non ci aspettavamo più alcun coniglio dal cilindro, invece abbiamo trovato un film molto divertente che ha rigenerato un filone ormai stanco, di certo grazie alla coordinazione tra membri storici del cast e le new entry, e al buon lavoro del team registico norvegese composto da Rønning e Sandberg.
A dieci anni da “Ai Confini del Mondo”, capitolo conclusivo della trilogia con Will Turner e Elizabeth Swann, il franchise dei “Pirati dei Caraibi” torna a divertire con gli ingredienti che meglio lo caratterizzano: l’azione spettacolare e la comicità eccentrica.
Nella storia però di anni ne sono passati venti, perché fin dall’inizio incontriamo il figlio cresciuto della coppia di ex- protagonisti, Henry Turner, della cui esistenza eravamo stati brevemente informati nella scena post-credits del film citato sopra, oggi determinato a liberare il padre dalla maledizione dell’Olandese Volante, che lo costringe lontano dall’affetto di una famiglia che non si è mai potuto godere.
Lo scontro tra elementi razionali e soprannaturali si fa ancora più forte, se possibile, in questo capitolo, perché rispecchiato nelle reazioni del personaggio della giovane astronoma Carina Smyth, un’anacrostica nerd tacciata di stregoneria, che si ritrova invischiata col giovane Turner e una ciurma di sgangherati pirati alla ricerca dell’ennesimo oggetto mistico.
Stavolta si tratta nientemeno che del tridente di Poseidone, oggetto supremo per il controllo del mare e delle sue magie, e per trovarlo i nostri eroi usano gli indizi riportati sul diario di Galileo Galilei (!)..
Ok, stop: per godersi il film bisogna assolutamente sorvolare su certi elementi troppo assurdi e considerarli solo un pretesto per veder tornare i protagonisti a solcare i mari con uno scopo.
Nessuna vera avventura è completa senza un grande cattivo e qui il compito di cercare di fermare Jack Sparrow è affidato a Javier Bardem, che già era stato un formidabile avversario di 007 in “Skyfall”.
Apprendiamo che quando Jack era giovane, e poco più di un mozzo, aveva sfidato e fortuitamente sconfitto il capitano spagnolo Armando Salazar ed il suo equipaggio, imprigionandoli nel “triangolo del diavolo” e in una maledizione che li ha trasformati tutti in zombie assetati di vendetta: quando il caso farà sì che vengano liberati, il vecchio Jack e i suoi alleati avranno di che temere!
Da qui ovviamente il sottotitolo della versione europea “La Vendetta di Salazar”, che in originale era un più sottile, ma per questo difficilmente traducibile, “Dead Men Tell No Tales”.
Quando ritroviamo il mitico capitan Jack, addormentato e sbronzo dentro una cassaforte, ci sembra proprio che navighi in cattive acque come colui che lo interpreta, negli ultimi anni infatti Johnny Depp ha fatto parlare di sé soltanto per le sfortunate vicende personali, l’alcolismo e un salatissimo divorzio precoce dalla seconda moglie Amber Heard, oltre che per i flop cinematografici in cui ha dato pessime prove di recitazione.
Ma ci si discosta da questa impressione altrettanto in fretta, perché l’arruffato pirata sul grande schermo sta tentando un grandioso colpo in banca (ancora una metafora sulla necessità di fare questo film, se me la concedete), ma qualcosa va storto e si ritrova a far trascinare via l’intero edificio anziché la sola cassaforte , in un rocambolesco inseguimento che immerge nuovamente il pubblico in quell’atmosfera di azione e divertimento spensierato che è proprio ciò che si chiede ad un film del genere.
E il carrozzone fila via così, da questa riuscita scena d’apertura fino all’emozionante finale (anche i pirati sanno far commuovere, vedere per credere), senza più perdere il ritmo sul filo dell’ironia, basata su doppi sensi e giochi di parole, ma soprattutto con gag visive esilaranti (il nostro protagonista alle prese con la ghigliottina), duelli navali con galeoni armati di fauci e squali non-morti, ed infine sequenze spettacolari come l’oceano che si apre in due, da far invidia anche a De Mille!
Ma il vero motivo per realizzare ancora seguiti di questa saga, ispirata all’omonima giostra di Disneyland, è rivedere all’opera Jack Sparrow, personaggio geniale creato da Gore Verbinski (regista dei primi tre film) e dagli sceneggiatori Terry Rossio e Ted Elliott, i cui connotati fondamentali però, tra cui la camminata sbilenca e la parlata biascicata, sono stati improvvisati da Depp stesso che ha saputo trasformare un personaggio di seconda fila nell’attrattiva principale di tutta la serie.
I suoi movimenti e le smorfie, dichiaratamente ispirati ai miti del cinema muto come Buster Keaton e dagli eroi del genere “cappa e spada” come Errol Flynn, fanno sì che ormai questo pirata cialtrone si sia ritagliato il proprio posticino nella storia del cinema, vicino a quel pasticcione dell’ispettore Clouseau interpretato da Peter Sellers oppure, perché no, al vagabondo di Chaplin.
Se la frase precedente vi sembra oltraggiosa, converrete almeno sul fatto che il personaggio di Jack Sparrow è l’unica ragione per cui questi film verranno ricordati tra 50 anni, oltre ad aver contribuito economicamente all’attuale egemonia di casa Disney.
E anche Johnny Depp sembra ormai aver capito che il personaggio funziona solo quando è completamente sconclusionato e folle, se prova a prendersi sul serio anche solo un minuto oppure si innamora (come fa nel quarto), diventa immediatamente patetico e perde la propria forza.
Alla sua riuscita, va detto, contribuisce anche la formidabile nemesi del capitano Barbossa, nemico o alleato fin dalla prima avventura, a cui presta volto e talento l’inglese Geoffrey Rush.
E se stavolta il “papà” di Jack, il chitarrista dei Rolling Stones Keith Richards non ha potuto girare il proprio cameo a causa di altri impegni, a sostituirlo nei panni di uno scherzoso zio bucaniere c’è nientemeno che Sir Paul McCartney in persona!
Sarà davvero l’ultima scorribanda della ciurma di Johnny Depp e compagni, come annunciato? A giudicare dalla scena dopo i titoli di coda sembrerebbe proprio di no, per cui non andatevene subito dalla sala quando riparte il tema principale di una delle colonne sonore più belle degli ultimi anni!
CI E’ PIACIUTO: il ritmo e il modo in cui hanno funzionato ancora una volta i personaggi, trascinati da un protagonista ormai a proprio agio solo in questo ruolo.
NON CI E’ PIACIUTO: alcuni snodi di sceneggiatura davvero sconclusionati, funzionali solo ad alimentare il susseguirsi di viaggi e pericoli.
SE VI E’ PIACIUTO: ovviamente andate a riguardarvi la trilogia dei “Pirati dei Caraibi” diretta da Gore Verbinski e apprezzerete anche lo spassoso cartone “Pirati! Briganti da Strapazzo” degli studi Aardman Animation.
UNA CURIOSITA’: costato ufficialmente 230 milioni di dollari, ormai saldamente riguadagnati, “La Vendetta di Salazar” ha avuto un budget considerevolmente inferiore al precedente “Oltre i Confini del Mare”, che con 378,5 milioni si attesta il film più costoso della storia del cinema, fino ad oggi. Per fare un paragone, nel 1997 “Titanic” ne costò soltanto 200!
© RIPRODUZIONE RISERVATA