Impietoso.
Così sarebbe definibile questo capitolo di Pirati dei Caraibi confrontato con i suoi predecessori.
L’unico modo di tenere la saga sugli stessi livelli, o addirittura migliorarla, era fare un one man show completamente incentrato sul vero protagonista: Capitan Jack Sparrow.
Nei precedenti, c’erano Will ed Elizabeth, ora ci sono Angelica e Barbanera.
Potremmo giustificare ciò dicendo che, inevitabilmente, molte vite si legano a quella del Pirata, ma sarebbe una scusa campata in aria.
Si è cercata la novità, di portare nuovo respiro alla storia, ma la solfa rimane quella.
Complessivamente è comunque un buon film, ma rimane incastrato nelle solite scene e non aggiunge niente al personaggio di Depp, che in ogni caso riesce, ancora una volta, a salvare le redini del film.
A dirla tutta, cambia anche: dopo tre film in cui Sparrow cerca l’immortalità, alla fine di questo capitolo sembra rinunciare ad essa e afferma di rimanere immortale grazie alla sua fama. Se in solo questo consiste il cambiamento, tanto valeva non farlo.
Si avverte la voglia di toni più leggeri di questo capitolo, ma soprattutto la mancanza di quella “poesia piratesca” che aveva caratterizzato Dead man’s chest e At world’s end.
Alla fine, sebbene non ci sia nulla di nuovo, appassiona, diverte, anche se alcune di quelle che dovrebbero essere le scene memorabili non diventano tali e non coinvolgono del tutto, eccetto qualcuna.
Jack Sparrow si ritrova con Angelica(sua amata in passato) e il padre di lei, Barbanera, per un viaggio verso la Fonte della Giovinezza, tra Sirene, fughe, salti da alture elevate e una notevole dose di humour, non estranea al personaggio.
Penelope Cruz, o il suo personaggio a seconda dei punti di vista, è quasi invisibile, senza spessore mentre Ian McShane risulta credibile come villain.
Rivedere Geoffrey Rush, divertirsi sbraitando i suoi rozzi ordini da Barbossa rimane sempre un piacere e lui…Johnny Depp è e rimarrà la colonna portante, il cuore di Pirati dei Caraibi, basterebbe lui ed una sedia e il film rimarrebbe in piedi comunque.
Ho storto un po’ il naso su alcune, a mio parere, pecche nella trama: Barbanera appare come un terribile pirata, dati i suoi “poteri”, ma essi non vengono mai spiegati, come succedeva con Davy Jones. Si vede che non c’era Will Turner a chiedere a Mastro Gibbs, senza di lui non c’è la scusa di spiegare, tutti sanno già tutto.
Mentre la storia tra l’uomo e la sirena è bella e piacevole, rende partecipe lo spettatore, seppur sia sempre quella classica, e rimane anche da sfondo, invece che essere sviluppata un tantino in più.
Citando le Sirene forse si cita il momento più bello del film, ottimo per la tensione e per la scarica di adrenalina che infonde nello spettatore.
La musica, ormai davvero immortale, non riesce mai a stancare, ma diviene sempre più apprezzata.
Tirando le somme, sì, Pirati dei Caraibi 4 è promosso, solo ed esclusivamente grazie al geniale personaggio di Jack Sparrow, sperando in un quinto capitolo veramente nuovo e che questo costituisca solo la base per una nuova, leggendaria, saga.
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