Pirati dei Caraibi: Oltre i confini del mare: la recensione di Luca Ferrari
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Pirati dei Caraibi: Oltre i confini del mare: la recensione di Luca Ferrari

Pirati dei Caraibi: Oltre i confini del mare: la recensione di Luca Ferrari

Qualcuno un giorno domandò se ci fosse ancora bisogno di pirati. La risposta è si. A patto però che abbiano qualcosa da dire, e un’impresa reale da compiere. Correva l’anno 2003, e sul grande schermo arrivò “La maledizione della prima luna”. A interpretare il piratesco protagonista, un Johnny Depp in stato di grazia, talmente perfetto per quel ruolo che perfino l’Academy Awards gliene rese merito conferendogli la sua prima nomination all’Oscar. Un’interpretazione affinata con le movenze del leggendario chitarrista dei Rolling Stones, Keith Richards. Un personaggio capace da solo di rilanciare un genere morto e sepolto. Il successo andò oltre le più rosee aspettative. E come Sylvester Stallone sarebbe stato per sempre Rocky Balboa, e Meryl Streep ormai deve fare i conti con la Miranda Priestly da lei interpretata in “Il diavolo veste Prada” (2006), così da quel momento Depp divenne Jack Sparrow. I guai sono arrivati dopo, con la decisione di fare due sequel. Pirati dei Caraibi – la maledizione del forziere fantasma (2006), e Pirati dei Caraibi – Ai confini del mondo (2007), dove gli effetti speciali hanno preso il posto della storia; analogo triste destino per i due scadenti seguiti di Matrix. E cos’è diventato ora Jack Sparrow? Una multinazionale in carenza cronica di fantasia. Un personaggio che cerca di ridere da solo con le proprie battute. Ed eccoci al presente. Un quarto episodio della saga. Pirati dei Caraibi: Oltre i Confini del Mare (2011). A fianco dell’eroe, ancora una volta capitan Barbossa (Geoffrey Rush), il fidato amico mastro Gibbs (Kevin McNally), un nuovo pirata nemico, il temibile Barbanera (Ian McShane) e la sua bellissima figlia Angelica (Penelope Cruz). Questa volta la ciurma di rinnegati se la vedrà con l’esercito di Sua Maestà, creature malefiche degli abissi e perfino con la Corona Spagnola. Tutti, o quasi, alla ricerca della Fonte della Giovinezza, ma per ragioni diverse. In mezzo a corsari/bucanieri, c’è spazio ovviamente per i novelli Romeo e Giulietta. A prendere il posto dei dimissionari Elizabeth (Keira Knightley) e Will (Orlando Bloom), ci pensano il missionario Philip (l’inglese Sam Claflin) e la sirena da lui chiamata Serena (l’incantevole Astrid Berges-Frisbey, ispanico-francese); curiosamente entrambi dell’86, nati a distanza di un mese. Location esotiche. Due dei quattro protagonisti con un Oscar conquistato (Rush, Cruz), ma una sceneggiatura che fa acqua più di quella che i vascelli solcano per gran parte della pellicola. Con la consueta paccottiglia di effetti speciali, il copri-carenze 3D e una trama che attinge dalle precedenti avventure “Sparrowiane” con qualche spruzzatina direttamente da Indiana Jones e l’Ultima Crociata (1989). Almeno alla fine è stato bello rivedere Barbossa, che “in barba” alla sua attuale fedeltà a Re Giorgio II, torna ad essere quello che è veramente. Un filibustiere, pronto a ridacchiare beffardo dal ponte di comando e deciso a fare vela non più tra le parrucche della corte londinese, ma a Tortuga, l’isola caraibica dei pirati. Qualcun altro intanto non è ancora pronto per l’amore, e progetta con l’amico fidato altre nuove imprese. Ripartendo dall’origine. Ricominciando a navigare a bordo della Perla Nera. E questo che ci fa capire che non sarà certo la fine delle avventure di capitan Sparrow. Ma è proprio necessario? Comprende?

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