Pitza e Datteri: la recensione di Luca Ferrari
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Pitza e Datteri: la recensione di Luca Ferrari

Pitza e Datteri: la recensione di Luca Ferrari

Pitza e datteri, una risata di fede

Islam, integrazione e progressismo, il tutto immerso nei problemi della vita quotidiana al sapore di “Pitza e datteri” (2015, di Fariborz Kamkari), serviti in una Venezia popolare dove la piccola e imbranata comunità musulmana locale non ha più una sede dove riunirsi e pregare. Per di più la neo-proprietaria dell’edificio, Zara (la franco-africana Maud Buquet), è una decisa donna d’affari che ha trasformato il loro luogo di fede in un salone di bellezza unisex per pagare i debiti del marito (arrestato). In loro soccorso arriva direttamente dall’Afghanistan, il giovane imam Saladino (l’attore calabrese-magrebino-parigino cresciuto a Treviso, Mehdi Meskar). Tanto deciso quanto ingenuo, e capace candidamente di passare dal proporre la lapidazione di Zara a sposare in pieno le richieste delle mogli musulmane, desiderose anch’esse di avere un ruolo attivo nella comunità. Scherzando con certi estremismi (condanna costumi occidentali, burqua) ma senza mai venire meno al rispetto per il credo, la pellicola scorre piacevole senza lesinare gag esilaranti a cominciare dal convertito Bepi, interpretato da un Giuseppe Battiston in esaltante stato di grazia OliverHardyana (il giorno che troverà uno Stan Laurel moderno, formerà una coppia che potrebbe ridisegnare la comicità italiana, ndr). In fuga dall’inflessibile funzionario Lo Turco (Leonardo Castellani) con lo sfratto esecutivo in mano, la sua goffa corsa è supportata da poco eleganti improperi in dialetto (su tutti “basime il cueo”, baciami il c***). Nelle sue parole più riottose traspare un ingenuo tentativo di crociata contro il sistema degno della politica più pacioccona del Peppone “Guareschiano”. Ce l’ha con le banche, con i costumi occidentali. Cerca un mondo che lo accolga, e alla fine lo troverà. Di nuovo. Girato interamente a Venezia in particolare nel sestiere di Cannaregio, il salone di Zara è a due passi dal primo ristorante afgano-pachistano della città lagunare, inaugurato qualche anno fa. Tra ironia e riflessioni, Pitza e datteri lascia emergere la voglia/realtà di confrontarsi e proseguire il cammino insieme anche se non si è sempre d’accordo. Ognuno con la propria fede, ma comunque insieme. Sotto lo stesso cielo. Nella stessa città cosmopolita.

voto: 4/5

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