Nella Tehran degli anni 60, come potrebbe il virtuoso del violino Nasser Alì vivere senza l’amore della sua vita?
E come potrebbe vivere accanto alla persona che lo ha privato di tale importante amore?
E cosa c’entra un pollo alle prugne in tutto questo?
Nasser è un virtuoso del violino che, dopo aver visto distruggere il proprio strumento dalla moglie, si mette alla disperata ricerca di uno strumento sostitutivo, ma non trovandolo decide di percorrere l’unica strada che rimane per porre fine alla propria sofferenza: lasciarsi morire. E dopo aver vagliato diverse ipotesi, decide di lasciarsi morire di inedia, rimanendo sdraiato sul suo letto, semplicemente nutrendosi di sigarette.
Paronnaud e Satrapi ridisegnano una movie-novel basata sulla graphic-novel omonima. E lo fanno con disinvoltura e delicatezza, con ironia e quel tocco di black humor che è inaspettatamente in grado di dare consistenza a una storia breve e semplice. Lo fanno inoltre rappresentando un’ambientazione da sogno, fiabesca e fantastica, che forse ha ben poco di reale ma che è in grado di coccolare lo spettatore e di metterlo mette a proprio agio.
La bellezza del film risiede, oltre che nella delicatezza della storia , anche nell’utilizzo sfacciato e reiterato di flashback alternati a flashforward che inizialmente fanno un po’ girare la testa allo spettatore, ma che appena si entra nell’ottica giusta, danno un gustoso sapore di conoscenza e cognizione, sebbene cancellino completamente anche la minima presenza di una fabula all’interno del girato. Nell’utilizzo di una voce narrante oltremodo seriosa da risultare distaccatamente ironica. Nella stesura di una sceneggiatura che rendono Cyrus (il figlio di Nasser) assoluto protagonista di lampi di genio, come nella scena del bus, oppure in quella della richiesta di oppio. In ambito ironico è mentalmente fantastico il dialogo tra Nasser e la moglie appena lei rientra in casa: “Nasser Alì, cosa fai ancora a letto?” “Ho deciso di lasciarmi morire!” “E dove hai lasciato Cyrus?” “Dalla vicina!” “Di nuovo? E’ troppo se ti chiedo di occuparti di tuo figlio?”.
E poi nuovamente fantastico l’alternarsi di scene animate (che richiamano alla mente il validissimo Persepolis) a scene reali, che si intrecciano e si completano in maniera unica, come i pezzi di un puzzle perfetto.
Unica pecca di questo film, forse, è che arriva alla fine un po’ in riserva, trascinandosi un po’ stancamente rispetto a come era partito. La trovata dell’angelo della morte, che per fattezze e per dialoghi richiama alla mente la nostra Samarcanda (geniale la sequenza animata), cerca di dare una scossa che non basta. In compenso una piccola ripresa , sebbene un po’ troppo melodrammatica, la riceviamo nel finale, durante la narrazione di un ennesimo grande amore che non può essere consumato. Ma che, in compenso, può essere goduto dallo spettatore grazie a una seducente musica d’atmosfera davvero di un altro livello.
Ah, ci chiedevamo cosa c’entrasse il pollo alle prugne… beh, diciamo che è una sorta di “ricerca della felicità”… Ma il film o spiega meglio…